Falling In Reverse
The Drug In Me Is You

2011, Epitaph Records
Metalcore

Recensione di Mia Frabetti - Pubblicata in data: 12/11/12

Ladies and gentlemen, Ronnie Radke is back.

Sono trascorsi cinque anni dall’ultima volta che abbiamo sentito cantare su disco questo ventottenne, per la precisione su “Dying Is Your Latest Fashion” degli Escape The Fate. Da allora si sono susseguiti, nell’ordine, un tour, una rissa nel deserto, la morte di un ragazzo (non per mano di Radke), un’ordinanza di libertà vigilata per il nostro frontman comprensiva di obbligo di disintossicazione, una violazione dei suddetti termini e una condanna a cinque anni di carcere che – udite, udite – contrariamente a ogni aspettativa è stata dimezzata per buona condotta. C’è abbastanza materiale per sfornarne almeno un paio, di album; e infatti Ronnie, appena uscito di prigione e smanioso di tornare sotto le luci dei riflettori che tanto palesemente ama, aveva dichiarato alla stampa l’intento di pubblicare un doppio disco con i suoi nuovi compagni d’avventura. Ma, a oggi, tutto quello che i Falling In Reverse hanno dato alla luce è questo mediocre “The Drug In Me Is You”, un break-up album dedicato alla dipartita del frontman dalla sua band precedente. Troppo preoccupati di perdere la popolarità di cui godevano in attesa che il loro cantante uscisse di prigione, infatti, nel 2008 gli Escape The Fate non hanno esitato a dare il benservito a Radke e a sostituirlo con Craig Mabbitt dei Blessthefall. Scelta, questa, comprensibile anche per Ronnie; quello che invece Radke non ha digerito – e che ci racconta in questo album – è il vespaio di bugie che è stato creato attorno alla sua vicenda. E siccome “vanno cacciate le parole, altrimenti ti puzzano dentro, come i cadaveri che tieni in casa” (la citazione è di Giulia Carcasi), Ronnie ha deciso di liberarsi dei sassolini che aveva nelle scarpe nel solo modo che conosce: scrivendo canzoni. Facendo della sua vita un redditizio show. 

Spezzando una lancia a suo favore, bisogna ammettere che il ragazzo sa scrivere ritornelli accattivanti in grado di far risaltare il suo limpido e particolare timbro vocale, più portato per il pop che per l’hardcore. “The Drug In Me Is You” e “I’m Not A Vampire”, i pezzi migliori di questo album, ne sono esempi lampanti, tracce da alta rotazione in radio, stereo e pensieri. Ma, all’incirca, i pregi del disco terminano qui. Il difetto principale di “The Drug In Me Is You” è la ripetitività delle tematiche e degli arrangiamenti. Se zittissimo la voce di Radke, probabilmente non riusciremmo a distinguere una canzone dall’altra. Pochissimi gli assolo degni di nota; nella maggior parte dei casi le chitarre si limitano a fredde esibizioni della loro tecnica di shredding, privilegiando la velocità esecutiva alla melodia, e il risultato sono suoni scarni, crudi, nervosi. Inoltre, buona parte delle tracce è talmente prevedibile nel suo svolgimento da strappare qualche sbadiglio. Strofa, bridge, ritornello, strofa, ritornello, scream in arrivo, breakdown, “ecco, lo sapevo”! “The Drug In Me Is You” spara subito le sue cartucce migliori, fra cui anche “Raised By Wolves”, e in questo modo a mano a mano che ci si addentra al suo interno si ha la sensazione di sprofondare sempre più nella mediocrità. “Don’t Mess With Ouija boards”, ad esempio, ha un breakdown asfissiante che è come una lenta e lunga agonia a cui, per fortuna, esiste un rimedio veloce e indolore: il tasto “skip” del nostro iPod.

Così anche la curiosità per la versione dei fatti di Ronnie circa la sua controversa cacciata dagli Escape The Fate si esaurisce presto di fronte ad accuse infantili come “You’re such a dumb fuck / you need to shut up / you bring a picture of me / every time you get your hair cut”. Andiamo, Ronnie, tutto qui quello che sai fare? Un bambino delle elementari in rotta con l’amichetto del cuore saprebbe scrivere di meglio. Hai un bel coraggio a definirti “King of the music scene” per così poco. Sì, sei un bravo intrattenitore, ed è per questo che abbiamo deciso di accettare il tuo invito a dare una sbirciatina sotto il tendone del circo Ronnie Radke, come ci hai invitati a fare in “Caught Like A Fly”. Ma quello che abbiamo visto è stato piuttosto deludente: ti sei impegnato un po’ troppo nel tentativo di risultare divertente, hai sbagliato i tempi, forzato la mano, e alla fine nessuno ha riso. Ammettilo, i Falling in Reverse non esistono nemmeno, sono solo un’operazione di facciata. Questo è il Ronnie Radke show. E tu, è innegabile, hai il dono di saper rendere appetibili anche canzoni di cattivo gusto come “Good Girls Bad Guys”, in cui ci regali versi significativi quali “I just want to kiss your lips / the ones between your hips” (per poi rivendicare con notevole faccia tosta “I’m so smart and clever with my lyrics / can’t you see?” in “The Westerner”). Ma quella che hai deciso di sottoscrivere è una scommessa rischiosa. E’ vero, un ascoltatore occasionale dei Falling In Reverse non conosce nemmeno i nomi degli altri membri della band, né gli interessa saperli; assolo, breakdown, tastiere – che importa, qualsiasi cosa va bene, l’importante per lui è che tu abbia qualcosa su cui cantare le tue strofe beffarde. Ringrazia tua madre e la sua eredità di “good looks and confident charm” per questo. Ma non te l’ha mai insegnato nessuno che con il fascino puoi cavartela un quarto d’ora, poi è meglio che tu sappia qualcosa?



01. Raised By Wolves
02. Tragic Magic
03. The Drug In Me Is You
04. I'm Not A Vampire
05. Good Girls Bad Guys
06. Pick Up The Phone
07. Don't Mess With Ouija Boards
08. Sink Or Swim
09. Caught Like A Fly
10. Goodbye Graceful
11. The Westerner

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