La Svezia, si sa, è terreno fertilissimo di band rock, metal, folk e chi più ne ha, più ne metta. Nel corso degli anni, la terra natìa di Europe, Malmsteen ed ABBA si è fatta largo e s'è imposta come una delle nazioni più prolifiche in questo senso (certo, mica tutte le ciambelle escono col buco, ma non si può negare l’elevatissima percentuale di gruppi proveniente dalla zona scandinava). Non fanno eccezione, ovviamente, i Trail Of Murder che, nati da un’idea del cantante Urban Breed e dal compagno di merende Daniel Olsson, si pongono esattamente a metà strada tra il power metal classico e l’hard rock made in Sweden. Rimpolpate le fila della band con Pelle Åkerlind, il trio decide di fare a meno del bassista per la fase di registrazione e quindi di avviare di creazione del disco d’esordio, “Shades Of Art”. Una volta conclusa la produzione, gli ancora incompleti Trail Of Murder, assoldano Hasse Eismar che, a sua volta, decide di pubblicare un trailer del lavoro su Facebook. Il suddetto video viene commentato da un giovane conoscente di Hasse (ha suonato assieme a lui in qualche concerto) che commenta così il video: “Cacciate il bassista, voglio entrare!”. E così fu, Johan Bergquist si uni alla band e completò la formazione dei Trail. Curioso vero?
Parlando di musica invece, non posso far altro che constatare due semplici cose. La prima è che il disco è davvero ben prodotto, suonato e potente nei punti giusti, la batteria si fa largo a suon di pestoni e martellate incalzanti, le chitarre sferzano e si dilettano in classici assoli, il basso è… no, non dico nulla che altrimenti mi ritrovo Berquist sotto casa (fa onestamente il suo dovere), mentre la voce di Urban breed, sporca quanto basta e dannatamente hard rock, rende onore al genere qui proposto dai giovani svedesi. La seconda è che l’album soffre di un grossissimo problema di fondo: le canzoni tendono a ripetersi, non lasciano traccia, non solcano il passaggio come un bastone sulla terra appena bagnata e, cosa più preoccupante, dato il genere, non lasciano il benché minimo ritornello orecchiabile in testa (giusto “Higher” e "Nightmare I Stole" si salvano, a parer mio). Insomma, se dovessi esaminare la canzoni singolarmente sarei qui ad incensarle perché, a loro modo, riescono ad essere buone composizioni che in ogni caso si fanno notare rispetto a numerosi altri lavori meno fortunati.
I Trail Of Murder confezionano quindi un prodotto fatto di luci e, più pesantemente, di ombre, un disco che non folgora l’ascoltatore come invece avrebbe dovuto fare un debut album. Rimane tuttavia un full-length di facile ascolto che saprà ringalluzzire chi cerca un hard rock più movimentato e intristire ed abbacchiare chi si aspetta un power metal più ragionato e dai ritmi blandi.