Al terzo disco in studio, i pavesi Lowlands decidono di cambiare leggermente le carte in tavola e di aprire il loro AOR a numerose influenze di genere, e capisci che non sono parole a vanvera da press note quelle che stai scrivendo quando, facendo play su questo “Beyond”, ti parte una “Angel Visions” che sembra un pezzo tirato alla Motörhead. Dalla successiva “Hail Hail”, tuttavia, le cose tendono a normalizzarsi sulle origini musicali della band attraverso un intrigante incrocio tra Nomadi e Journey. E mentre ancora sfizioso è il country rock’n’roll di “Lovers And Thieves”, ora della standardizzata “Waltz In Time” – Deep Purple in tutto e per tutto, titolo compreso – comincia il manierismo, e da lì la strada è tutta in discesa.
E dove porta questa strada in discesa è presto detto: verso il classico disco di genere che non riesce a risultare malizioso come le premesse davano ad intendere, risultando apprezzabile unicamente dalle orecchie ancorate a quel mondo rock’n’roll made in USA che chiama tanto Bruce Sprengsteen in fase folk, fermo restando che neanche questa tipologia di ascoltatori si possono risparmiare uno sbadiglio o una deriva del livello di attenzione sulle inevitabili ballad, visto che nessuna di esse risulta particolarmente brillante o riuscita (e ce ne sono ben tre in tracklist).
Se l’intento dei Lowlands, dunque, è quello di andare “Beyond” (oltre) con un disco che mostri la capacità di spaziare tra le più diverse costellazioni dell’infinito universo musicale, allora la missione è scarsamente riuscita; viceversa, se è puro intrattenimento rock – fortemente contaminato dal folk – ciò che andate cercando, allora facile che in questa pianura ci si possa riposare. Basta non aspettarsi di restare troppo comodi per troppo a lungo, beninteso.