Commistioni di generi sempre più improbabili, scenari elettronici soffusi e/o alienanti; che queste siano le chiavi di lettura per comprendere i trend e le derive stilistiche di tutto il panorama musicale contemporaneo è cosa risaputa. Che le cantautrici femminili, grazie alla loro emotività intrinseca, abbiano dettato le tendenze estetico-concettuali - e non solo - delle ultime decadi, risollevando il mercato da sempre più ricorrenti periodi di magra, è quasi scontato ricordarlo. La cosa veramente interessante, piuttosto, è sondare il sottobosco alla ricerca di tutte quelle giovani artiste saltate fuori dal nulla, che sembrano pronte a fare il botto, osannate da critici che non esitano ad incoronarle reginette di scene “alternative” dai contorni non troppo definiti, ma che immancabilmente non riescono a far breccia nel cuore del grande pubblico, quello che di dischi ne compra - e ne scarica - in quantità industriale. Perché una Adele o una Florence Welch non si trovano al mercato delle pulci, è chiaro.
Quindi, c'è chi di convinzione ce ne mette sempre troppo poca (Bat For Lashes), c'è chi ce ne mette addirittura troppa (Emilie Autumn)... C'è chi, invece, riesce a dosare nel modo giusto un'ambizione di chiara scuola pop senza per questo rinunciare ad una scrittura ed ad un gusto per l'arrangiamento che ha il sapore autentico e un tantino snob dell'indie. Lei ci mette il carisma sbarazzino ma non troppo, la voce, leggera e zuccherosa al punto giusto, le canzoni, fresche e accattivanti ma piene di sostanza; i produttori, pescando qua e là tra tempeste di beat in pieno stile dubstep (la moda del momento, giusto?) e intuizioni melodiche degne delle più grandi hit del dancefloor europeo, fanno il resto. E il piatto è servito. Lei, Ellie Goulding (vero nome Elena Jane Goulding, classe 1986, fidanzata con Skrillex), il proprio battesimo di fuoco l'aveva già ricevuto nel 2010, balzando in vetta alle classifiche di vendita inglesi con l'album d'esordio, trainato dallo quello straordinario tormentone che risponde al nome di “Lights”. Presupposto più che necessario per scatenare una bella ondata di hype attorno all'uscita del nuovo disco, pubblicato lo scorso ottobre per Polydor.
Il titolo stesso rivela un'ambiguità di fondo quantomeno curiosa. Se usato come aggettivo, “Halcyon” si riferisce ad “un periodo di tempo appartenente al passato, idillicamente felice e pacifico”. Se usato come sostantivo, indica una varietà di martin pescatore dal piumaggio particolarmente variopinto diffusa nel continente asiatico ed africano. Entrambe le interpretazioni appaiono originali e plausibili, ma dopo aver letto le dichiarazioni della Goulding (“quest'album sarà molto più emotivo rispetto al precedente, ne stanno uscendo dei suoni piuttosto dark e particolari”) e i testi partoriti dalle sue delicate mani, viene quasi spontaneo propendere per la prima. In realtà, pare che l'artista abbia voluto coniugare i due significati nella metafora dell'uccello che, deponendo le uova in riva al mare, riporta la calma tra le acque dell'oceano. E tanto ci basta. Perché la voce di Ellie si posa con eleganza tra trame elettroniche più intelligenti di quanto fosse lecito aspettarsi, e il lento e costante infrangersi a riva delle onde è ricreato da una sezione di strumenti acustici che mai erano stati così predominanti nella sua musica.
Magia? Sì, dal momento in cui le sovrabbondanti frivolezze di “Lights” diventano un ricordo lontano, spianando la strada all'epicità e al sinfonismo (“Joy”), all'elegia tinta di gotico (“Dead In The Water”), all'arrangiamento classicheggiante (“Explosions”). Qualora arpe, pianoforti ed archi non vi stuzzichino a sufficienza, saranno i muri di sintetizzatore di “Figure 8” e l'appeal danzereccio del singolo “Anything Could Happen” a farvi scatenare (immaginatevi una Kate Bush in preda al delirio tra mirrorball e luci stroboscopiche). Ma non è tutto, perché “Hanging On” rilegge la sensibilità eterea dei (sottovalutati) Cocteau Twins degli anni '90 tramite le strutture del synth-pop ottantiano - scusate se è poco - e “My Blood” potrebbe essere il risultato di una conversione dei Florence + The Machine alla scena electro anglosassone (per altro già parzialmente avvenuta grazie alla collaborazione con Calvin Harris sul delizioso singolo “Sweet Nothing”).
Se il pop vive di autoreferenze e brodi riscaldati (chi ha detto Lady Gaga?), se la scena indie al femminile fatica a regalarci il capolavoro definitivo, Ellie Goulding sembra offrire all'intero esercito di signorine una nuova possibilità di riscatto. “Halcyon” è un disco che fa ballare, ma che non dimentica il significato della parola emozione. Cosa che di questi tempi equivale ad un successo assicurato.
Ellie Goulding
Halcyon
2012, Polydor
Elettronica/Pop
01. Don't Say A Word
02. My Blood
03. Anything Could Happen
04. Only You
05. Halcyon
06. Figure 8
07. Joy
08. Hanging On (Active Child cover)
09. Explosions
10. I Know You Care
11. Atlantis
12. Dead In The Water
13. I Need Your Love (Calvin Harris feat. Ellie Goulding)
02. My Blood
03. Anything Could Happen
04. Only You
05. Halcyon
06. Figure 8
07. Joy
08. Hanging On (Active Child cover)
09. Explosions
10. I Know You Care
11. Atlantis
12. Dead In The Water
13. I Need Your Love (Calvin Harris feat. Ellie Goulding)