“Al momento dell'entrata in studio abbiamo deciso di non frenare la fantasia”, dichiara il chitarrista Massimo a proposito del secondo disco de Il Carico Dei Suoni Sospesi. Ed ha ragione da vendere, perché abbinato ad un alternative rock – ma qui anche più che disposto ad abbandonarsi alle derive furiose del metal – in questo “Non pratico Vandalismo...” ci troverete, letteralmente, di tutto. Dall’elettronica all’easy jazz, dal funk alle cupezze gotiche: nessuna strada pare intentata dalla band, e c’è da dire che il tutto gioca a loro favore, perché non si potrebbe mai pensare in modo diverso da questa estrema eterogeneità di fondo il lungo racconto del quartetto fiorentino.
Già, racconto: Sara, affascinante frontwoman, torna infatti a deliziarci con testi arzigogolati ma assai comunicativi, di denuncia a tutto tondo e sorprendenti nello sviluppo sia lirico che interpretativo, in tempeste pronte ad accarezzarci con plastiche algidità pop, salvo poi vomitarci addosso ruggiti dal forte riverbero noise. E ne ha di cose da dire Sara, pure troppe…
Veniamo quindi con eleganza al pesante e probabilmente unico difetto dell’opera, già intuibile nel dare un’occhiata al box tracklist alla vostra destra: la prolissità. Il disco suona incessante ed implacabile per oltre 70 minuti, e di questi almeno una trentina sono ridondanti e superflui. Non è un demerito particolare della band: che i ragazzi sono bravi lo si capisce, basta vedere come sanno tendere agguati e prendere in contropiede continuamente l’ascoltatore. E’ solo il classico troppo che stroppia, il difetto da autoproduzione a briglia sciolta privo di un punto di vista esterno che non deve essere necessariamente snaturante nel mondo della musica ma, anzi: a volte fornisce la chiave di obiettività in grado di fare la differenza tra il capolavoro e l’opera mediocre.
Dunque, che i ragazzi tornino più concisi. Perché tutta l’attenzione necessaria per arrivare con scioltezza alla fine della presente opera discografica è un lusso che in pochi ascoltatori si potranno permettere, ed è un peccato, perché la classe può essere assai più numerosa ed attenta, con un po’ di messa a fuoco in più nella spiegazione.