Pythia
The Serpent's Curse

2012, Graviton Music
Symphonic Metal

Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 16/12/12

The Serpent’s Curse” è il nome del secondo album degli inglesi Pythia (il debut album invece si intitola “Beneath The Veiled Embrace” ed è stato pubblicato nel 2009). La formazione, nata nel 2007 grazie a un’idea della frontwoman Emily Ovenden, vede la partecipazione di Ross White e Tim Neale alle chitarre, Mark Harrington al basso, Richard Holland alle tastiere e Marc Dyos alla batteria. Il nome Pythia, come molti di voi avranno già intuito, proviene dall'antica Grecia; sarcedotessa al soldo dell’Oracolo di Apollo in quel di Delphi, faceva da tramite con il Dio stesso. Ed è qui che Emily entra in gioco ed esplorando in lungo e in largo le mille sfaccettature della vita e dell’amore, della passione e del soprannaturale crea la band che oggi possiamo ascoltare.

La radici dei Pythia affondano saldamente nel fertile terreno del power Metal, female oriented, à la Nightwish (era Tarja) ed Epica. Le parti in comune tra le band sono moltissime: la liricità della voce di Emily ricorda molto da vicino quello di Tarja, l’arrangiamento e il songwriting dei brani volgono lo sguardo ai lavori di Mark Jensen & co. Tutto questo poteva portare la band inglese a qualcosa di musicalmente interessante e stimolante? La risposta teorica vorrebbe essere un sì deciso, quella pratica è sostanzialmente un ni, grande come l’oracolo di Delphi.

Seppur coscienti delle proprie forze e dei propri mezzi (musicalmente e tecnicamente sono ineccepibili), i Pythia hanno prodotto un album dalle poche sfumature e luci. Le tonalità cromatiche di grigio presenti tra un candido bianco e un penetrante nero sfruttate dagli inglesi sono poche e ripetute. Dopo l’ottimo brano di apertura “Cry Of Our Nation”, vera e propria cavalcata del genere e futuro punto cardine della band, sono davvero pochi i brani a risaltare e salvarsi dall’oblio; tra questi possiamo citare “Kissing The Knife” e il singolo scelto dalla band “Betray My Heart” (non a caso questi sono le prime tre canzoni del disco). Parti di tastiera che ben si accompagnano alle chitarre power-oriented della band tengono a galla la macchina musicale dei Pythia, meccanismo che però soffre di una evidente mancanza di originalità e di ispirazione. Non basta quindi attingere a piene mani da questo o quell’altro genere, da tale band o l’altra per riuscire a produrre un qualcosa di proprio che abbia un marchio indelebile e facilmente riconoscibile anche agli ascoltatori di passaggio. La voce di Emily poi si perde nella nebbia e nell’ombra delle altri grandi del settore, purtroppo l’effetto novità non c’è sin dagli albori dei Nightwish e capisco che possa essere difficile distinguersi e farsi spazio sfruttando questa particolarità.

I Pythia quindi non convincono, producono un album sufficiente ma evidentemente claudicante. Per amanti del genere e per coloro che hanno ancora voglia di provare ad ascoltare qualcosa che andava di moda dieci anni fa.




01. Cry Of Our Nation
02. Betray My Heart
03. Kissing The Knife
04. Just A Lie
05. Dark Star
06. Long Live The King
07. The Circle
08. My Perfect Enemy
09. Heartless
10. Our Forgotten Land

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