Gianni Resta
Discorocksupersexypowerfunky

2012, MaPaCo Records
R'n'B

Recensione di Mia Frabetti - Pubblicata in data: 29/12/12

C’era una volta un uomo che sognava di avere la pelle bianca. Potrebbe iniziare così la storia della vita di Michael Jackson, ma la sua esistenza travagliata tutto è stata fuorché una favola. È stata l’esplorazione più profonda mai condotta dei chiaroscuri del successo; è stata una vicenda di perdizione, ossessione, solitudine; è stata un dramma, una tragedia, una catastrofe annunciata. Oggi la sua vita straordinaria è diventata la leggenda dell’uomo in grado di vendere un miliardo di dischi, di irretire il mondo intero con il suo talento e il suo fascino, di entrare nella mitologia contemporanea come uno degli artisti di maggior successo di tutti i tempi. Ma Michael Jackson è stato anche l’uomo rinnegato dalla felicità che ha ucciso se stesso con lentezza e metodo - un brandello di pelle per volta, un connotato dopo l’altro - ben prima di qualsiasi medico o overdose di farmaci. Con la sua morte, lo scranno di chiodi e spine del “Re del pop” è rimasto sguarnito, occupato soltanto da un fantasma pallido intento a seguire i mille rivoli della battaglia per la sua successione. Inutili i numerosi balli indetti per individuare un erede: in quelle occasioni sul palco si sono susseguite solo Cenerentole smaniose di accasarsi con una major e orde di pretendenti dal viso dipinto di nero, il cui sangue bianco cantava ben più forte delle loro voci. Chissà se Michael Jackson avrebbe teso quelle labbra e quegli zigomi scarnificati dalla chirurgia in un sorriso sardonico di fronte a tante e tali imitazioni bianche del soul, del funk, del r&b, della black music; tutti film già visti, le cui ultime repliche, per di più, hanno raggiunto nuovi picchi di tediosità.

Discorocksupersexypowerfunky” di Gianni Resta è esattamente questo: l’ennesima variazione sul tema. E - come se non bastasse - una variazione dal titolo fuorviante, che andrebbe parafrasato in “fintorockpocosexypowerlessfunky” per fornire un’idea più precisa dei suoi contenuti. Ma sia chiaro: un risultato così poco convincente non è colpa di nessuno se non della genetica, e di certo non di Brian Gardner, che di quest’opera prima ha curato la masterizzazione. Il curriculum di “Big Bass” parla per lui: nel suo carnet sono finiti George Clinton, Donna Summer, Tina Turner, Christina Aguilera, Nelly Furtado e lo stesso Michael Jackson. Ma una mano esperta in sede di masterizzazione non basta a trasformare una zucca in una carrozza e a fare di queste nove tracce ritmate, lungo le quali si inseguono scherzi di trombe, synth e chitarre, civettuoli capannelli di coriste e ospiti illustri in un irresistibile, trascinante trionfo di psichedelia. “Discorocksupersexypowerfunky” rimane un gioco di prestigio, e smascherarlo è fin troppo facile. Colpa di un’accozzaglia di strofe che parlano italiano e ritornelli che rispondono in inglese, di testi ironici eppure mai davvero divertenti, di un senso del groove troppo bianco e troppo pulito, di una voce calda al punto giusto ma priva dello spessore e del tormento dei veri interpreti black, dei loro scompensi emotivi, della loro capacità di sconquassare l’animo dell’ascoltatore con una tessitura vocale in cui si intrecciano luci e ombre. Ed è così che, a domanda della titletrack - “A te ti fa ballare? A te ti fa cantare?” - la risposta che sale alle labbra è no.

Sarà anche un “Luogo Comune” che “i neri hanno il ritmo nel sangue, nelle vene”, come recita la traccia di chiusura. E infatti esistono delle eccezioni a questa consuetudine. Ma Gianni Resta non è un’eccezione. Gianni Resta è soltanto la regola.



01. Discorocksupersexypowerfunky
02. Autommobele
03. Dancing Like A Fool
04. Occhio Ai Movimenti
05. La Donna Scimmia
06. Vuoi Venire A Letto Con Me, Stasera?
07. Holostress
08. John Stay In Undici Mosse
09. Un Luogo Comune

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