Qualcosa deve essere successo in casa (è proprio il caso di dirlo) Giuradei, visto che il celebre cantautore bresciano Ettore Giuradei, all’alba del quarto inciso in studio, decide di inserire appieno il fratello Marco all’interno del proprio progetto musicale. Non che Marco fosse una mano, una mente ed un cuore sconosciuti all’interno della musica di Ettore, visi i numerosi contributi lasciati nel passato, ma, a partire da questo inciso, Giuradei diviene “I Giuradei”.
E se l’operazione anagraficamente non fa una grinza, qualcosa inspiegabilmente deve essere andato storto nell’alchimia e nel bilancio degli equilibri, giacché il qui presente, senza titolo, nuovo lavoro in studio rappresenta un deciso passo indietro rispetto a quel piccolo gioiello che risponde al nome di “La Repubblica Del Sole”. In particolare, è come se su questo “Giuradei” gli ingredienti che caratterizzavano l’emulsione musicale dei Nostri – una miscela assai sfiziosa di piccolo cantautorato folk italiano e furiose quanto inattese sferzate nell’alternative rock – fossero stati brutalmente separati tra di loro e, nel tentativo di dare loro un maggiore peso, si sia perso molto in incisività. Spiegato meglio: la parte folk assume connotati più classicamente da cabaret popolano, mentre il lato rock è come se si fosse accomodato su una morbida, quanto banale, italianità.
Certo, l’accelerazione punk dell’incipit de “Mi Dispiace amore Mio” e lo splendore abbagliante della melodia rock alla U2 prima maniera di “Generale” sono canzoni che sanno ancora lasciare uno spesso graffio nei nostri timpani, ma se il loffio che si impossessa del disco da “Papalagi” in avanti – e che nemmeno un brano arrabbiato di denuncia ambientale e sociale come “La Tristezza” riesce a debellare - è il prezzo che dobbiamo pagare per l’età adulta del duo, allora noi preferiremmo avere indietro una più sragionata ed appassionata adolescenza.