Bison B.C.
Lovelessness

2012, Metal Blade Records
Stoner

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 28/01/13

“The power of the riff compels me” (cit.). Uno dei generi musicali che più si addice a questa sorta di preghiera del musicista, udibile nel secondo disco dei Down di Phil Anselmo e Pepper Keenan (precisamente all'inizio di “The Seed”), è senza ombra di dubbio lo stoner-doom metal, stile musicale che ruota attorno alla capacità inventiva sulle sei corde. Le chitarrone grasse, poi, si accoppiano facilmente alla batteria pestata e martellante e a voci sporche e polverose, dandoci così il benvenuto in “Lovelessness”, nuovo album dei canadesi Bison B.C. (dove il B.C. non sta per Before Christ, ma per British Columbia, la provincia di Vancouver).

Bisonti, animali potenti che si muovono in branchi, capaci di cariche devastanti. Descrizione che calza a pennello con la musica dei Bison, debitori di quel sound che, partito dai Black Sabbath e passato attraverso diverse fasi, è diventato lo stoner metal che oggi conosciamo. Se di fauna si parla, durante l'ascolto di “Lovelessness” è impossibile non farsi venire in mente i Mastodon, altra creatura legata a questo ambiente, almeno nelle prime fasi della carriera. Dicevamo delle chitarre e dei riff: è sostanzialmente questo il punto centrale della proposta dei canadesi, visto che a fragorosi passaggi sulle corde basse fanno seguito interessanti armonizzazioni (a tratti di stampo heavy), con cambi di tempo repentini e un cantato “straziante”, appunto animalesco.

Soltanto sei pezzi formano lo scheletro di questo disco, ma i Bison non si risparmiano: la metà dei brani supera abbondantemente gli 8 minuti, andando a creare delle piccole suite ben strutturate. Riff dopo riff le canzoni progrediscono come la marcia dei già citati bisonti, in maniera inarrestabile, e distruggono tutto al loro passaggio. “An Old Friend” apre le porte dell'album e si presenta subito con tutti i già citati ingredienti del sound bisoniano, mentre le tracce più lunghe, seppur poco immediate, sono quelle che con il passare degli ascolti destano il maggior interesse. Da segnalare comunque anche “Clozapine Dream”, la più breve del lotto, ma anche la più vicina al passato dei Bison, in particolare a quanto fatto dai nostri nell'indimenticabile “Quiet Earth”.

Insomma, se siete rimasti legati ai Mastodon di “Remission” e (in parte) “Leviathan”, se per voi l'amplificatore dev'essere sempre saturo al punto da rischiare l'esplosione dei coni, se “grezzo è bello” e se il vostro sogno è fuggire nei boschi del nord America indossando una camicia da boscaiolo, questo “Lovelessness” fa senz'altro al caso vostro. Se mai a Hollywood decidessero di fare un “Into the wild part II – The rough side”, spero che i Bison vengano considerati come colonna sonora.



01. An Old Friend

02. Anxiety Puke/Lovelessness

03. Last and First Things

04. Blood Music

05. Clozapine Dream

06. Finally Asleep

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