Hate
Solarflesh

2013, Napalm Records
Death Metal

Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 30/01/13

La peculiarità più significativa del globo ferracqueo è la sua biodiversità. L’heavy metal, con le sue infinite e spesso estreme etnie e specie, ci ha abituato ad ascoltare e conoscere innumerevoli voci, a non spaventarci di fronte alla contaminazione, a guardarci intorno con piglio curioso per indagare sui fondamenti della musica. Ma come in ogni ambiente, la natura gioca col caso divertendosi, delle volte, a suscitare nelle creature che governa uno spirito di emulazione a specchio delle sue prime e più riuscite creazioni. È per questo motivo che al mondo, pur essendo ogni individuo diverso dall’altro, si possono rintracciare anime e aspetti similari, del tutto determinati da un numero di matrice primitivo. Per spiegarci meglio: sulla base di ciò che già esiste si modella ciò che ancora non è in essere. Sin dalla notte dei tempi questo rapporto alchemico è stato definito e cristallizzato nel concetto di ispirazione (o di plagio). E da qui che si son mossi e continuano a farlo coloro che mostrano una spiccata sensibilità per il mondo dell’arte e delle emozioni.

Il motivo di questa estenuante introduzione sono gli Hate, band polacca depositaria del seme nero dell’odio. E il loro blackened death metal non è una novità per chi è abitudinario del genere. Ma il problema fondamentale che affligge i nostri cattivoni di Varsavia, che non è di certo la mancanza di talento, è principalmente l’esacerbata devozione – tornando al concetto di sopra – verso ciò che già esiste. E ciò che già esiste in questo caso si trasfigura in facce e nomi ben distinti: Behemoth e Vader (e al seguito tutta la carovana di brutti ceffi del metal polacco). Dunque non stupitevi se “Solarflesh”, a grandi linee, evoca atmosfere già sentite e strutture cardine che in passato altri hanno adottato per provocare degenerazioni delle articolazioni del collo ai più efferati sostenitori. Il platter - ottavo lavoro in studio per gli Hate - è composto da nove brani biechi e senza fronzoli, permeati da un sentimento di concupiscenza. Le ritmiche, come d’ordinanza, sono serrate e le tonalità violente. Ma tra tutte le tracce, quella che detiene più fascino è la conclusiva “Mesmerized”, epica e orientaleggiante come la paprica.

“Solarflesh”, che deve espiare in purgatorio il peccato di non brillare di luce propria, non si stacca mai dalla sua colpa e finisce per annoiare, proiettando la sua ombra lungo sentieri già abbrancati dalla notte e confondendosi inevitabilmente con essa.





01. Watchful Eye Of Doom
02. Eternal Might
03. Alchemy Of Blood
04. Timeless Kingdom
05. Festival Of Slaves
06. Sadness Will Last Forever
07. Solarflesh
08. Endless Purity
09. Mesmerized

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