Ultimamente, intere discografie si presentano sottoforma di EP, come se non ci fosse più il coraggio di buttarsi in un’opera completa e si andasse per tentativi, alla stregua di timidi bocconi invece di una forchettata decisa di fronte ad una nuova pietanza da assaggiare, o come se l’umanità della rete 2.0 e di Spotify non fosse più in grado di sostenere l’attenzione che la durata di un intero disco richiede o – viceversa – come se il revamp feroce del vinile degli ultimi anni stesse riportando tutto a prima del 1986, quando le opere discografiche dovevano durare, per limiti fisici, meno di 50 minuti.
Non troveremo certo risposte a questi dubbi esplorando il secondo EP a firma Lumen; semmai, ciò che questo “Correnti” ci saprà dire è che la band torinese conferma che se la cava assai bene donando alla new wave ottantiana dei primi Depeche Mode un contesto moderno grazie ad arrangiamenti densamente elettronici. Badate bene: siamo lontani anni luce… anzi, anni Lumen (ah ah!) dal glamour pop e dalla patinata immagine degli Hurts che ammalia schiere di ragazzine urlanti; qui, piuttosto, la volontà è quella di rincorrere echi epici e desolanti di carattere darkwave (“Shetland”, “Eliodora”), o sconfinate aperture ambientali (“Le Onde”, “Theta W”), in un quadro intenso e comunque assai meno luminoso di quanto moniker e cover del disco lascino presagire.
L’operazione rimane comunque felice, e per quanto derivativa essa suoni, e per quanto scarsamente innovativa di fronte alla new-new wave dei giorni nostri questa musica sia, il tocco straordinario della band riesce sempre a far sì che l’attenzione dell’ascoltatore non divaghi sulla lista della spesa o sull’appuntamento dal dentista da spostare. Che su CD le cose possano suonare diversamente? Ottima domanda, speriamo di riuscire presto ad avere una risposta.