Eisbrecher
Eiszeit

2010, AFM Records
Industrial Metal

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 24/04/10

Iniziamo con una precisazione: la musica degli Eisbrecher è tra le cose più tamarre che mi sia mai capitato di ascoltare. Ritmiche danzerecce sulle quali s'innestano chitarrone elettriche, effervescenti sintetizzatori e ritornelli melodici a profusione, come di consueto trainati dalla voce inflessibile e tipicamente “crucca” di Alexander 'Alexx' Wesselsky , un tempo leader dei più datati Megaherz. Il nome di questa corrente musicale, nata all'inizio degli anni '90 e caratterizzata da quello che all'epoca appariva come un felice incontro tra sonorità proto-industrial, chitarre di chiara derivazione metal, atmosfere vicine ad un certo modo di intere la darkwave e liriche quasi sempre scritte in tedesco, è proprio Neue deutsche Härte, che letteralmente significa “nuova durezza tedesca”. Tamarri con le palle, insomma. I conti, tuttavia, non tornano affatto, dato che in questo disco tutti i cliché del genere tornano inesorabilmente a fare capolino, senza una minima variazione di tema... Nulla di nuovo sotto il sole, insomma; nulla che personaggi quali Oomph!, Unheilig e gli ormai famosissimi Rammstein non ci abbiano già fatto ascoltare migliaia di altre volte, spesso con risultati decisamente più interessanti e godibili.

Gli Eisbrecher dimostrano di non aver assimilato la lezione che avrebbero dovuto apprendere dopo la pubblicazione del precedente “Sünde”, avvenuta due soli anni fa. Laddove quest'album ci aveva mostrato come canzoni di straordinaria qualità, basate su ritornelli anthemici e  poderose strutture portanti (vi ricordate “This Is Deutsch”, “Komm Süsser Tod” e “Kann Denn Liebe Sünde Sein”?), potessero sopperire ad una grave mancanza di originalità, “Eiszeit” fallisce miseramente nell'intento. Gli Eisbrecher, forse spinti dal successo commerciale della band di Till Lindemann, optano per un alleggerimento generale del proprio sound, facendo leva su una produzione che spazza via anche gli ultimi residui di quella deliziosa patina synthpop che aveva caratterizzato le precedenti produzioni dei Nostri. Ma il risultato, stavolta, non è altro che un bel buco nell'acqua.

Alexx ed il fido compagno Noel Pix tentano in tutti i modi di accontentare i propri fan. Ci provano con la Rammstein-oriented “Böse Mädchen”, ma mancano i presupposti per un refrain veramente ficcante. Non bastano le tentazioni commerciali e pseudo-romantiche della titletrack (quasi una versione tedesca della celebre “Going Under” degli Evanescence), né tanto meno i conturbanti controcanti femminili di “Bombe” o gli echi di The 69 Eyes nella più tirata “Gothkiller” a risollevare le sorti di un disco quasi privo di momenti di reale interesse. È la sola “Dein Weg”, forte di una linea melodica convincente e di una componente elettronica di prima classe, a regalarci qualche minuto di puro coinvolgimento. Un po' poco per gridare al miracolo, non credete? I fan più affezionati staranno sicuramente celebrano il ritorno dei propri beniamini, ma da musicisti rodati come gli Eisbrecher è lecito aspettarsi qualcosa in più rispetto ad un semplice disco di mestiere. Rimandati.



01. Böse Mädchen
02. Eiszeit
03. Bombe
04. Gothkiller
05. Die Engel
06. Segne Deinen Schmerz
07. Amok
08. Dein Weg
09. Supermodel
10. Der Hauch des Lebens

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