Stormzone
Death Dealer

2010, SPV
Hard Rock

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 20/05/10

È passato ormai qualche anno dal precedente "Caught In Act" e l’hard rock puro e senza riserve di quel primo lavoro rimane nell’aria come un gradevole déjà vu. Le sensazioni emanate dal disco non hanno in sé nulla di sconvolgente, niente che possa veramente sorprendere o disorientare, ma sono capaci di far sentire i nostalgici del genere a casa propria. Con questi presupposti ci apprestiamo ad ascoltare questo nuovo "Death Dealer"… e purtroppo rimaniamo sottilmente delusi. Gli Stormzone si confermano sì mastri del mestiere, ma scelgono questa volta di virare verso una NWOBHM che di nuovo ovviamente non ha più nulla, ancorandosi a soluzioni tanto rodate quanto banali. Certo, l’appassionato del genere avrà di che leccarsi i baffi, per questo motivo il disco non è necessariamente sconsigliato senza riserve, ma se cercate qualcosa che sia in grado di scuotervi, avete sbagliato disco…

La titletrack che dà il via all’opera è presa in prestito da un disco a caso dei primi Saxon. Le chitarre dell’incipit fanno ben sperare, ma il coretto “oooh-ooh, oohh-oh, oooh-ooh”, che s'insinua nel brano come un male presagito, sa quasi di parodistico. Il pezzo sarebbe anche uno di quelli che spaccano, non fosse che si è scelto di arrangiarlo e produrlo alla vecchia maniera ed il risultato è moscio, non cattura. Lo stesso vale per "Secret Gateway", ancor meno efficace dell’opener. "The Memory Never Dies" funziona molto meglio: meno scontata e un po’ più hard rock (genere evidentemente più convenzionale ai Nostri), questo mid tempo dal tono romantico riesce se non altro ad emozionare. "Immortals" è assoutamente trascurabile, un pezzo di passaggio, banale fino alla tortura, che in un vecchio nastro ad otto tracce non sarebbe stato preso in considerazione. "The Legend Carries On" conferma in pieno le impressioni anticipate da "The Memory Never Dies". Romanticismo, chitarre pulite e ruffiane quanto un sornione che ti riempie di fusa: ecco le vere doti degli Stormzone. La linea di voce di John "Harv" Harbinson, così simile a quella di un certo Eric Adams, seppur non altrettanto potente, poggiata su una composizione in stile primi Europe si rivela una carta vincente. Di certo il pezzo migliore del full. "Labyrinth" e "Wasted Lives" riprecipitano purtroppo nel già sentito. "Stand Up And Fight" è uno di quegli anthem che richiede uno sforzo notevole per essere preso sul serio. Brutto ripetersi ma… un pezzo come questo può rappresentare un colpo sicuro se si hanno sedici anni, se Ronald Regan è alla presidenza e al cinema stanno dando il primo episodio di "Ritorno Al Futuro", non nel 2010. "The Chosen One" e "World Of Sorrow" hanno il medesimo limite e le stesse qualità della tittle track: composizioni eccellenti, potenti ed evocative sepolte sotto una produzione che sa di demenza senile. Ed eccoci alla fine. La chitarra trasognante e sofferta di Keith Harris ci accoglie in un pulito seducente ed ipnotico. Non si può fare a meno di pensare “dannazione ci sanno fare!”, ma nel dirlo il piglio è piccato. "Final Journey" si tramuta rapidamente nell’ennesimo pezzo orfano degli anni ottanta.

Nel complesso il disco funziona, ma nei limiti del possibile. Un buon sottofondo incapace però di rapire l’ascoltatore. Difficile sottolineare i pregi di un’operazione che soffre di una simile sindrome da derivazione; un disco come questo, se fosse uscito nell’82 o giù di lì, quasi certamente sarebbe divenuto uno di quei vinili a cui la gente dà la caccia nei mercatini, che diventano pietre di paragone per le generazioni future. Sfortunatamente, però, "Death Dealer" vede la luce un po' (?) fuori tempo massimo.





01. Death Dealer
02. Secret Gateway
03. The Memory Never Dies
04. Immortals
05. The Legend Carries On
06. Labyrinth
07. Wasted Lives
08. Stand Up And Fight
09. The Chosen One
10. World Of Sorrow
11. The Greatest Sacrifice
12. Final Journey

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