Heaven Shall Burn
Antigone

2004, Century Media
Death Metal

Recensione di Lorenzo Brignoli - Pubblicata in data: 02/06/10

Gli Heaven Shall Burn nascono nell’autunno 1996 in Turingia; dopo anni di gavetta pubblicano il primo album, “Asunder”, nel 2000, seguito da “Whatever it May Take” nel 2002; dopo questi due (ottimi) dischi ottengono un contratto con la Century Media per la quale registrano, nel 2004, l’album che mi accingo a recensire ossia “Antigone”, che prende il nome dalla figlia di Edipo, protagonista dell’omonima tragedia di Sofocle.

Il genere della band è stato sempre inquadrato nel metalcore, genere che si è espanso ed arrivato alla ribalta internazionale praticamente in contemporanea con l’esplosione della formazione; in realtà le influenze stanno molto di più nel death metal svedese (in particolare di Goteborg) che nell’hardcore, come del resto in buona parte dei gruppi etichettati nel medesimo modo del quintetto tedesco.

Il gruppo è stato spesso associato ai connazionali (ed amici) Caliban, con cui hanno registrato due split album, nel 2000 e nel 2005; tuttavia questo parallelismo può valere solo per  gli esordi, perché già da questo "Antigone" (che uscì nello stesso anno di “The Opposite From Within” di Dorner e soci) la proposta musicale delle due band comincia a divergere radicalmente. Se infatti i Caliban preferiscono orientarsi su lidi più melodici (e, lasciatemelo dire, commerciali) gli Heaven Shall Burn continuano a proporre un sound granitico, fatto di riff potenti e spaccaossa, doppia cassa martellante e vocals trascinanti.

La musica offerta dai tedeschi in questo disco non è, in verità, molto variabile, ma è impossibile negarne la qualità. Ascoltate ad esempio “Voice of the Voiceless”, una delle canzoni più amate dal pubblico (e “wall of death song” per eccellenza nei concerti): un muro sonoro iniziale che si evolve in riff più melodici, ora cadenzati, ora veloci, con la voce di Marcus Bishoff ad aumentare il pathos del tutto. Oppure la più melodica “Numbing the Pain” con il suo incedere lento e quasi drammatico, in cui è difficile non rimanere coinvolti.

Queste sono solo due delle ottime tracce presenti in questo platter, forse le più caratteristiche della musica degli Heaven Shall Burn, ma sarebbe ingiusto non spendere qualche parola per le rimanenti: le strumentali ad esempio, composte dall’islandese Olafur Arnalds, che si inseriscono perfettamente nell’album, oppure “To Harvest the Storm” e “The Dream is Dead”, due delle rare canzoni in cui i tedeschi fanno un uso (peraltro azzeccato e neanche troppo invadente) di voci pulite.

Discorso a parte meritano, il singolo “The Weapon They Fear” e “Tree of Freedom, non tanto a livello musicale quanto di testi: si tratta infatti di due canzoni dedicate rispettivamente a Victor Jara (cantautore cileno, una delle vittime della rivoluzione e del golpe militare del 1973) e Nelson Mandela; non è una scelta casuale questa, le tematiche a carattere sociale sono infatti le più presenti nelle lyrics del gruppo, tematiche cantate con quella rabbia che è facilmente riconoscibile in tutti i dischi degli Heaven Shall Burn, e che si sposa perfettamente con la loro musica creando così quella miscela piena di pathos che ormai da dieci anni li contraddistingue in un calderone di band clone una dell’altra, provare per credere.





01.Echoes (Intro)

02.The Weapon They Fear

03.The Only Truth

04.Architects Of The Apocalypse

05.Voice Of The Voiceless

06.Numbing The Pain

07.To Harvest The Storm

08.Rsandi Von (outro)

09.Bleeding To Death

10.Tree Of Freedom

11.The Dream is Dead

12.Deyjandi Von (Outro)

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