Equilibrium
Rekreatur

2010, Nuclear Blast
Folk Metal

Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 22/06/10

Terzo album per i tedeschi Equilibrium, che con questo “Rekreatur” approdano alla fatidica prova del nove. Il nuovo lavoro giunge a due anni di distanza dal precedente “Sagas” e a cinque dal debut “Turis Fratyr”. La proposta musicale è rimasta tale e quale negli anni: un pagan metal di enorme derivazione folk con marcate spruzzatine di power, black e chi più ne ha più ne metta. Il maggior rischio in cui la band potrebbe incappare è quello di proporre ripetitive canzoni fatte di copia-incolla, ed il rischio è elevatissimo. Il combo teutonico sembra fortunatamente esserne ben consapevole. L’obiettivo risulta più arduo a causa della doppia defezione all’interno della band, il batterista Manuel DiCamillo e il cantante Helge Stang si sono infatti separati dalla band per far spazio rispettivamente ai nuovi Tuvar Rafaeli e Robert Dahn.

Se poco si può dire del lavoro di Tuvar alle pelli, preciso, potente e incalzante, molto possiamo sottolineare ed evidenziare riguardo al contributo di Robert. Rimpiazzare un cantante non è mai semplice, soprattutto se questo ha all’attivo due album. La voce è un segno inscindibile di un gruppo, un marchio, una stella guida ben visibile nel firmamento. Minori problemi si hanno però nel caso si debba sostituire un cantante che adotti il growl e lo screaming, ed è questo il caso degli Equilibrium. Robert non fa rimpiangere assolutamente il suo predecessore, possedendo egli stesso un’ugola più potente, più secca e graffiante che raggiunge il culmine di “cavernosità” in un paio di occasioni.

L’avvio del cd è come sempre al fulmicotone, mentre il resto dell’album, tra alti e bassi (pochi) scorre liscio come l’olio nel nostro lettore. Chitarre impazzite e infuriate vengono seguite di gran lena dalla batteria e dal suo doppio pedale, l’impatto con la voce è devastante e stordente, il basso sostiene di prepotenza le canzoni e le tastiere – con annessi arrangiamenti e fronzoli - fanno da perfetto legante. Motivo di menzione sono i passaggi strumentali e melodici di cui i nostri sono ormai indiscussi maestri, la prova di ciò è l’ormai consueta suite strumentale in coda all’album di circa una decina di minuti. Presenti a iosa e in maniera persistente, questi momenti di transito fanno da contralto a quanto scritto poco fa, rilassano l’ascoltatore e lo immergono ancora di più nel magico mondo fatto di flauti, archi, corni, ottoni e trombe made in Equilibrium, rendendo l’esperienza e l’ascolto più completi. C’è da aggiungere che i testi in lingua madre non aiutano però la completa immersione, sebbene rendano più graffiante e suggestiva l’interpretazione.

Tirando le somme, la struttura e la musica sono presenti e assolutamente promosse, le innovazioni e le sperimentazioni sono assenti. Ma non è forse questo il più grande dibattito che circola attorno a qualsiasi band che abbia all’attivo almeno un paio d’album? Tra progressisti e conservatori ormai non si sa più da che parte sbattere la testa. Se siete tra coloro che cercano una certa continuità  e linearità musicale allora questo lavoro è quello che fa per voi, sarà senza dubbio di vostro gradimento. Tutti gli altri invece si dovranno “accontentare” di un cd ben suonato, ben prodotto ed arrangiato, che non ha nulla da offrire di più rispetto ad un “Sagas” o ad un “Turis Fratyr”.



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