Prima di tutto mi preme sottolineare la scelta dei brani proposti, che sono ben tredici, di cui solo una è un brano originale, "Song For Ronnie James", decisamente piatto e monotono, sebbene l'inizio lasciasse presagire la presenza di un sano heavy metal di qualità. Le restanti sono canzoni attinte dal repertorio di Dio: la grande maggioranza è presa dal primo album solista del cantante americano, il bellissimo "Holy Diver", per poi ripescare altro materiale da album discreti quali "Sacred Heart" e "Dream Evil". A sorpresa però, compaiono alcuni episodi degli ultimi album solisti di Dio, francamente un po' anonimi (mi riferisco a "Magica" e "Killing The Dragon"), come "Push" e "Lord Of The Last Days". Non mancano riferimenti ai momenti migliori della carriera dell'amato Ronnie, da "Lonely Is The Word" (facente parte dell'album "Heaven&Hell"), unita a "Letters From Earth" (tratta da quel "Dehumanizer" dei Black Sabbath che ancora mi risulta indigesto) e da "Kill The King" dei Rainbow.
Tuttavia, la scelta poteva anche essere più oculata e meno sbilanciata a favore "Holy Diver" (a quel punto una cover della titletrack sarebbe stata la ciliegina sulla torta), anche perché Jorn sembra essersi dimenticato dell'esistenza del secondo, ottimo album di Dio, ovvero "The Last In Line". Non avrei totalmente disprezzato una versione moderna di "We Rock" o della titletrack. Credo inoltre che anche solo un brano in più tratto dai repertori dei Rainbow o dei Black Sabbath avrebbe giovato alla qualità complessiva della scaletta. Sicuramente sarebbe stato esagerato chiedergli di riproporre canzoni degli Elf (che, a dirla tutta, hanno delle belle canzoni, e lo dico in quanto possiedo i due album della suddetta band). Anche se, a ben vedere, non sarebbe stata una brutta idea...
In secondo luogo, l'esecuzione va presa per quella che è, alla fine si tratta solo di cover, né più, né meno. È piuttosto palese che Ronnie James Dio abbia costituito un'influenza considerevole nello stile di Jorn e lo si nota praticamente in tutto l'album. A volte, però, si ha come la sensazione che il cantante norvegese cerchi di imitare anche troppo l'irraggiungibile voce dell'heavy metal, risultando poco personale e freddo. Si tratta quindi di un'esecuzione pulita, chirurgica e fin troppo precisa. È anche piuttosto evidente che di artisti come Dio ne nascano molto di rado e possedere una certa magia ed espressività nel cantato non è dono di tutti, ma si apprezza lo sforzo.
Insomma, al di là del gesto, quest'album tributo "Dio" non aggiunge alcun valore a quanto fatto dall'insostituibile Ronnie. È senza ombra di dubbio un omaggio gradito e sentito, ma forse ci si poteva aspettare qualche rivisitazione più personale da parte dell'artista norvegese. Ad ogni modo, ora la curiosità di sentirlo cantare con gli Heaven&Hell (i Black Sabbath per intenderci), nel concerto tributo che si terrà a Luglio in quel di Londra, cresce a dismisura.