Soilwork
The Panic Broadcast

2010, Nuclear Blast
Death Metal

Il death svedese come deve suonare oggi se vuole sopravvivere?
Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 26/07/10

Non so perché, ma me lo sentivo. Lo ammetto: sono stato prevenuto sin dal primo momento in cui mi è giunta all'orecchio la voce di un nuovo disco dei Soilwork e, in tutta onestà, non ho mai sperato in un capolavoro, viste anche le ultime produzioni degli svedesi. Tale sensazione è stata fonte di un forte dispiacere, poiché ho sempre visto in loro un gruppo dalle potenzialità ancora inespresse, sempre alla ricerca di un qualcosa, di quel piccolissimo quid in più, in grado di permettergli il definitivo salto di qualità. I pezzi presentati sul loro MySpace e quelli rilasciati in anteprima sul singolo "Let This River Flow" hanno confermato i miei presagi e mi hanno fatto sin da subito intuire che tipo di disco avremmo avuto tra le mani.

The Panic Broadcast” non è un lavoro da scartare, anzi, si lascia ascoltare molto piacevolmente. Forse fin troppo. L’album riprende “Sworn To A Great Divide” e lo modifica spostandosi ancor più verso lidi metalcore: ne otteniamo un riuscito mix di tecnica, aggressività e melodia, con pezzi dalle ritmiche ora più serrate, di scuola svedese (avranno pure cambiato i propri riferimenti, ma i Soilwork sono stati pur sempre tra i nomi di punta del “Göteborg sound”), ora più “commerciali”, con cori in voce pulita ed un andamento che nella maggior parte dei casi si fa sin troppo orecchiabile. In fondo i Nostri non hanno propriamente abbandonato la strada del death, si sono semmai spostati verso la sua versione più americanizzata (il metalcore appunto): riflettendoci questo è un passaggio che è già stato fatto da altri gruppi appartenenti alla stessa area (così di getto mi vengono in mente i Sonic Syndicate e gli In Flames con il loro “A Sense Of Purpose”). Quello che semmai distingue l’operato della band di Björn Strid e soci dalle loro consorelle è che tale transizione è iniziata qualche anno prima. Anzi, possiamo dire che i Soilwork sono stati una band in perenne divenire sin dal loro debutto ed hanno sempre cercato uno stile proprio, una forma espressiva che sapesse distinguerli dalla massa. In questo va riconosciuta la loro eccellenza: il gruppo ha sempre cercato di fare ciò che gli riusciva meglio e, se più volte è stato accusato di essere sin troppo “commerciale” o edulcorato per appartenere alla schiera death metal, pazienza, questi ragazzi hanno continuato in ogni caso per la loro strada.

“The Panic Broadcast” è suonato e prodotto in maniera ineccepibile: certo, come detto alcuni pezzi sono caratterizzati da ritornelli forse un po’ scontati e “dolci”, poco incisivi rispetto ad altre cose fatte dalla band, ma questa è, nel bene e nel male, una caratteristica del metalcore. Tra le dieci canzoni che compongono il disco trovano spazio diversi momenti di notevole spessore (citandone tre: “Two Lives Worth Of Reckoning”, “Let This River Flow” e “The Akuma Afterglow”), anche se, lo devo precisare, alcune volte ho avuto una strana sensazione di confusione, come se il gruppo stesse procedendo in direzioni non volute. Ciò nonostante l'album si lascia ascoltare con piacere. Per quanto mi riguarda, complice anche il ritorno in pianta (speriamo) stabile di Wichers alla sei corde, voglio considerare questo disco come un tentativo di fare il famigerato “punto della situazione”, un paletto piantato nella discografia della band, un punto di riferimento (per loro) per capire la loro vera identità ed arrivare a concepire un nuovo “Stabbing The Drama” (non in termini stilistici, sia chiaro, ma in termini di importanza storica).

Si apre dunque un triplice scenario per “The Panic Broadcast”. E’ molto probabile che chi ha amato i primi dischi dei Nostri (e in generale lo Swedish death) bolli questo lavoro come inaudita operazione commerciale ed abbandoni di fatto il gruppo al proprio destino, rifugiandosi magari nell’ascolto dei loro primi lavori. Chi invece ha conosciuto i Soilwork di recente e si sente un po’ più open-minded probabilmente lo apprezzerà, arrivando in alcuni casi ad individuarne un esempio di come il death svedese deve suonare al giorno d'oggi, se vuole sopravvivere. I meno intransigenti ed i più elastici, infine, accetteranno e giudicheranno questo nuovo lavoro senza farsi influenzare dai precedenti e dalle mode del momento. Si sa, il metalcore inizia a restare antipatico, ma se vogliamo includere “The Panic Broadcast” in questo calderone anziché in quello del death metal, allora una chance possiamo anche dargliela, magari alzando di qualche punto la valutazione che vedete qua sotto.




01. Late For The Kill, Early For The Slaughter
02. Two Lives Worth Of Reckoning
03. The Thrill
04. Deliverance Is Mine
05. Night Comes Clean
06. King Of The Threshold
07. Let This River Flow
08. Epitome
09. The Akuma Afterglow
10. Enter Dog Of Pavlov

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool