Rosetta
A Determinism Of Morality

2010, Translation Loss Records
Postcore

L'ultima esperienza sonora dei Rosetta è un viaggio semplicemente totalizzante.
Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 09/08/10

Certi album non sono semplici dischi, ma vere e proprie esperienze. Certi album li devi mettere nel lettore, premere il tasto “play” ed alzare il volume. Certi album sembrano essere nati per catturarti, portarti con sé verso luoghi lontani, a metà tra il ghiaccio e il fuoco, tra la terra e la luna, in un limbo in cui ogni confine spazio-temporale si fa impercettibile. I Rosetta fanno proprio questo, creano viaggi sonori. Prendete il loro ultimo “A Determinism Of Morality”: immaginate di mettere insieme il furore dei Neurosis, le aperture ariose degli Isis e la dimensione spaziale del post rock di God Is An Astronaut ed Explosions In The Sky, shakerare il tutto e condensarlo in soli sette brani. Questi musicisti rielaborano le strutture imperiose del post metal (pensate ai Red Sparowes o ai Russian Circles), vi applicano un cantato a metà tra la potenza ferale dei Neurosis e quella più mutevole degli Isis ed avanzano senza sosta sovrapponendo riff su riff, stratificando pazientemente un altissimo muro sonoro, che, come il genere stesso vuole, collasserà sul finale per poi rigenerarsi nella traccia successiva.

Qualora aveste dubbi sul fatto che una base post metal così circolare possa sposarsi con una voce furiosa, forse, il mio consiglio è quello di ascoltare una traccia qualsiasi di “A Determinism Of Morality”. E’ come se la voce e gli strumenti partissero da una base comune, divergessero verso strade distanti, senza mai perdersi di vista, ognuna libera di evolversi a modo suo, conscia del fatto che dovrà pur sempre, in certi momenti, fare in modo che il proprio percorso combaci con quello dell’altro; per il resto, pura libertà. I Nostri sono stati in grado di consegnarci un disco ispirato, ricco di trascinanti emozioni. Ammetto che questa è un'opera di difficile assimilazione, sia per chi non mastica comunemente questo genere di musica, sia per chi è solito ascoltarla (la difficoltà, in questo caso, può derivare dalle sopraccitate divagazioni di voce e melodia), ma ogni residua difesa è destinata a cadere: la titletrack, posta in chiusura, pare fatta apposta per demolire, con i suoi quasi undici minuti, anche l’ultimo degli scettici sul valore dell’album. In effetti questo brano pare elevarsi a summa degli insegnamenti ricavati da tanti esempi di postcore e post metal appartenenti al recente passato: i riff circolari, le folate continue sembrano non aver mai sosta, sembrano colpire sempre nel solito posto e con la solita intensità. A circa metà canzone l’attacco pare calmarsi, il vento si solleva e con esso un polverone che non lascia intravedere più nulla; piano piano basso e batteria (il vero cuore del suono dei Rosetta) riprendono vita e con essi le chitarre tornano ad incedere, lente ma inesorabili.

Lungo le sette tracce che compongono “A Determinism Of Morality”, picconata dopo picconata, il muro sonoro collasserà sopra di voi: eppure, ne sono certo, non ci penserete due volte prima di premere nuovamente “play” e rivivere da capo la stessa esperienza.




01. Ayil
02. Je N’en Connais Pas La Fin
03. Blue Day For Croatoa
04. Release
05. Revolve
06. Renew
07. A Determinism Of Morality

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