Black Land
Extreme Heavy Psych

2010, Blood Rock/Black Widow
Doom

Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 07/09/10

Nel turbinare di colori allegri ed estivi, incappo in una copertina dai colori freddi ed invernali. L’onnipresente nero, cupe tonalità viola e verdi contornano immagini decisamente ispirate alla tradizione psichedelica di altri decenni e d'altri tempi... È praticamente assente il libretto e la mancanza totale di testi potrebbe destare qualche perplessità in chi non dovesse avere troppa familiarità con l’inglese, ma, a parte questo, si pensa che valga la pena ascoltare questo “Extreme Heavy Psych”, ad opera dei romani Black Land, dato che tutte queste suggestioni mi ricordano una delle mie band d’elezione: i Black Sabbath, naturalmente.

Quest’album rappresenta un tuffo nel passato. Premendo il tasto "play" si è immediatamente inondati da sonorità ovattate, atmosfere cupe ed ossessive, esattamente come un riff di chitarra viene ripetuto allo sfinimento nello stoner rock. Questa caratteristica non sembra proprio mancare in questo full length, assieme a sferzate doom strazianti, con intermezzi più decisi che ricordano i già citati Sabbath, ma pure i Candlemass. Qua e là arrivano sprazzi di luce con attacchi più rock e vivaci e ritmi più sostenuti. Analizzare quest’album traccia per traccia sarebbe un po’ inutile, dato che il genere è ben noto ed i Black Land non hanno di certo inventato nulla di nuovo o di sconvolgente. Gli schemi e le aspettative sono sempre quelli ed è piuttosto difficile che nel 2010 cambi qualcosa. Tuttavia, un particolare che risulta subito evidente è la relativa lunghezza degli otto brani composti dai musicisti romani: infatti, ben cinque di loro superano i sette minuti. “Extreme Heavy Psych” potrà pertanto sembrare un disco un po’ impegnativo da ascoltare, tuttavia, con la buona volontà si riuscirà ad apprezzare a dovere il discreto lavoro svolto dalla componente strumentale. Non manca la varietà, i cambi di tempo, lo spaziare libero da un genere all’altro, pur sempre rimanendo nel mondo surreale che solo certi generi sanno creare e plasmare. Anche se, bisogna ammetterlo, non mancherà qualche momento di tedio causato dall’eccessiva prolissità di certi brani. Se questo costituisce il primo difetto, il secondo è piuttosto evidente e palese e la sottoscritta l’ha trovato alquanto penalizzante: il cantante/chitarrista Willer Donadoni è autore di una performance piatta e monotona e gli effetti applicati sulla sua voce lo fanno sembrare totalmente slegato dal resto degli strumenti, come se fosse stato chiuso in un'altra stanza, lontano dagli strumenti. Inoltre, i tentativi di rendere più varia la sua voce con una punta di growl francamente un po’ affaticato e stentato non aiutano i Nostri a decollare e la qualità complessiva dell’album precipita, facendolo annegare nello stesso mare nero dal quale cercava di emergere. Il dubbio permane: trattasi di scelta stilistica o di puro caso?

Dunque, da un punto di vista prettamente musicale la qualità non manca per nulla, anzi, se in futuro, con un po’ di sana autocritica, questi ragazzi riusciranno a capire quando chiudere una canzone, senza lasciare strascichi leggermente ripetitivi in giro, avranno compiuto il grosso del lavoro. Probabilmente, risolvendo il primo nodo cruciale, si riuscirà a trovare la chiave giusta per far esprimere al meglio le doti del cantante. Peccato, perché la stoffa non manca... Come si diceva a scuola una volta, questa bocciatura vuole incoraggiare la band a fare del proprio meglio alla prossima occasione.



01. Psych N.1
02. Black Wizard
03. Life And Death
04. Drowning Deeply
05. R'n'R Bite
06. Holy Weed Of The Cosmos (The Great Ritual)
07. From The Black To The Rainbow
08. Victims Of The Cast

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