Linkin Park
A Thousand Suns

2010, Warner Music
Alternative Rock/Elettronica

Un tentativo coraggioso ed ammirevole di spezzare la routine da parte degli americani.
Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 17/09/10

Quando comincia a scrivere recensioni, temevo molto il dover affrontare gruppi le cui scelte hanno suscitato dure critiche, discussioni e divisioni tra i fan. Ora che ho imparato a dar retta unicamente alla musica proposta e a farmi uno scudo nei confronti dei critici con il paraocchi, mi lancio senza esitazione verso un nuovo, controverso capitolo del panorama rock odierno: i Linkin Park ed il loro recentissimo "A Thousand Suns".


Ebbene sì, ammetto di sentirmi alquanto fiera nel mostrare la mia discografia (quasi completa) del gruppo californiano. Oltretutto, ammetto di aver seguito la band piuttosto intensamente per svariati anni, fino a quando le ultime sperimentazioni, o meglio, anche il mutare dei gusti musicali, me li ha fatti perdere di vista. Senza però buttarli nel cestino; li ho solo riposti su uno scaffale dimenticato col passare del tempo. Poi, un rapido ascolto di "Minutes To Midnight" mi provoca una cocente delusione, constatando che i Nostri hanno totalmente abbandonato quel nu metal arrabbiato e furioso che tanto mi era piaciuto. A causa dei pesanti interventi della musica elettronica i Nostri mi appaiono come persone totalmente diverse, quasi appiattite. Quell'album poco riuscito, o forse coraggioso col senno di poi, è così finito diretto nel dimenticatoio, mentre le polemiche infuriavano tra i fan e gli appassionati. Ovviamente, gli ascoltatori più intransigenti hanno da subito sostenuto che i Nostri avrebbero dovuto continuare sulla strada intrapresa con "Hybrid Theory" e "Meteora", con conseguenti manifestazioni di ripudio e di disgusto. Ma ripetersi non giova mai a nessuno e questo gli americani lo sanno bene, a partire dalle scelte compiute con "Reanimation", passando per "Collision Course", che vanta la collaborazione di Jay-Z, il noto rapper americano. D'altronde, non è un mistero che i Nostri amino mescolare sonorità propriamente rock o metal con ritmiche appartenenti all'hip hop dei Public Enemy (tanto per citare un gruppo illustre del genere, grande fonte d'ispirazione per Mike Shinoda, una delle menti della band statunitense).


Quali aspettative bisogna nutrire nei confronti di questo disco, che sicuramente lascerà spiazzati? Il mio consiglio è di non averne nessuna, per non stroncarlo a priori, come fa la stragrande maggioranza degli ascoltatori, o per finire per considerarlo un capolavoro assoluto. Perché se il predecessore "Minutes To Midnight" non lasciava spazio a previsioni rosee, questo "A Thousand Suns" si presenta come un lavoro piuttosto ben confezionato, più raffinato, più coraggioso nel tentativo di mescolare sapori e ritmiche vicine alla musica etnica, per esempio. I Linkin Park non sono arrivati alla fine di un cammino, stanno semplicemente proseguendo il loro viaggio verso una nuova meta, cercando di sperimentare, di trovare un equilibrio tra passato e futuro e tutti voi sapete che questo non è un processo semplice, tantomeno breve o fulmineo.


Detto questo, troviamo sempre intatto il dualismo tra il cantante Chester Bennington, il lato più sofferente e dolente dell'animo dei Linkin Park, ed il polistrumentista Mike Shinoda, che da sempre veste i panni del rapper e dell'MC, basti pensare alle sfuriate alla Public Enemy come in "Wretches And Kings", intervallate da percussioni pulsanti, da campionature, voci effettate e dallo scratching di Joe Hahn, il dj della band. Tra l'altro, questo è uno dei brani migliori dell'intero full length, assieme alla combo "Wisdom, Justice And Love" con "Iridescent". Le voci campionate del brano d'apertura ci introducono nell'atmosfera eterea e surreale di questo brano, quasi canonico con il pianoforte che suona gentile sulle percussioni elettroniche e le voci dei due cantanti che di tanto in tanto si intrecciano delicatamente, incontrando dei cori suggestivi. In tutto questo bailamme di musica elettronica non manca la chitarra elettrica, che accompagna in modo efficace e discreto il tutto. Bisogna ovviamente abituarsi a questa scelta di distanziarsi da quanto fatto in passato ed i miglioramenti si notano, così come le pecche. Una su tutte: "A Thousand Suns" è decisamente costellato di brevi intermezzi solo strumentali. Onestamente, alcuni di questi risultano anche adatti al contesto, come l'inquietante opener "The Requiem" combinata a "The Radiance", che ricorda atmosfere futuristiche alla "Blade Runner". Altri invece sono francamente inutili, come "Empty Spaces" e "Fallout", e rendono l'album ancora un po' dispersivo ed a tratti poco compatto e poco coerente. I Nostri cercano comunque di dare personalità ad ogni brano, attraverso nuove alchimie e nuove soluzioni, come in "When They Come For Me", dalle percussioni dal sapore tribale, abbinato al cantato rap di Shinoda. Un brano intenso e ben ritmato che non verrà dimenticato facilmente (anzi, è probabile che vi ritroverete a ballarlo o a canticchiare qualche coro sparso). Oppure, potete respirare la fantascienza insita nell'eterea "Robot Boy", con il pianoforte che accompagna la voce effettata del buon Chester. C'è una strana allegria, forse un po' dolceamara, in quei ritmi piuttosto vivaci di "Waiting For The End", che spronano ad andare avanti, a fare un salto nell'ignoto, anche se la tentazione di aggrapparsi alle proprie sicurezze è molto forte. A proposito di questo, va seriamente confinata nell'oblio la trascurabile "The Catalyst", proposta come primo singolo e colonna sonora del videogioco "Medal Of Honor".


Questo "A Thousand Suns" è caratterizzato da testi piuttosto forti ed impegnati, da atmosfere cupe e fantascientifiche e si ha quasi la sensazione di avventurarsi in una città appartenente ad un futuro remoto, totalmente annebbiata dallo smog, dominata dagli automi ed abbandonata dall'uomo. Eppure, qualche spiraglio di luce si intravede e rianima un po' le mura smorte degli edifici. La sensazione è che i Linkin Park siano ancora alla ricerca dell'equilibrio fatidico, ma ora, non possono far altro che suscitare polemiche con questa decisione di voltare pagina. Sia ben chiaro, la sottoscritta vuole comunque premiare il coraggio del sestetto a stelle e strisce: il prodotto è sufficientemente confezionato e va ascoltato tutto di un fiato, perché non manca di un certo fascino e forza. Anche se non sarà un capolavoro, risulta alquanto difficile cercare di identificarlo in un genere prestabilito. Sarà accolto nel modo più appropriato dai fan e dagli ascoltatori? Solo il tempo ce lo dirà. Intanto, dategli una possibilità e, in qualche modo, non ve ne pentirete e lo apprezzerete, anche solo in parte.





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