King Of Asgard
Fi'mbulvintr

2010, Metal Blade
Viking

Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 10/10/10

Agosto 2010, le temperature italiane sono alte ma non eccessive e sul mercato metal sbuca, in sordina (per molti), un nuovo album dall’interessante e curiosa copertina. Il richiamo al nord, al paganesimo, all’era vichinga, al gelo è forte e palese ed il nome della band pare confermarlo su tutti i fronti. King of Asgard, questo è il monicker che troneggia in pompa magna sulla copertina dai colori blu e bianco del disco. Nome che sicuramente avrà attratto numerosi fan di Viking Metal, e fan che sicuramente sono ben consci di trovarsi dinanzi a un potenziale killer-album. I fan, inoltre, sanno o dovrebbero sapere, che in questo genere persiste da svariati anni un grande vuoto, un’enorme mancanza, unl buco lasciato da due delle più importanti e fondamentali band Viking Metal: i Bathory del compianto Quorthon in primis e i Mithotyn immediatamente sotto in un’ipotetica scala d’importanza.

Karl Beckmann (ex chitarrista nei Mithotyn) è ben consapevole della lacuna, e forse per questo, o per malinconia del passato o per la troppa pressione dei fan, decide di fondare nel 2008 i King of Asgard assieme a Jonas Albrektsson al basso (Thy Primordial) e al vecchio compagno d’armi Karsten Larsson alla batteria (ex Mithotyn, Falconer). Da registrare per dovere di cronaca l’ingresso in formazione nel 2010 anche del secondo chitarrista della band, tale Lars Tängmark militante nei Dawn. L’intento di Karl e soci è chiaro: riprendere in mano ciò che i Mithoyn negli anni ’90 hanno lasciato; mi sto riferendo ai tre capolavori della band scandinava: “In The Sign Of The Raven”, “King Of The Distant Forest” e “Gathered Around The Oaken Table” datati rispettivamente 1997, 1998 e 1999.

Il risultato degli sforzi compiuti è oltremodo soddisfacente. La fusione delle varie influenze dei gruppi in cui militano attualmente i musicisti aleggia sul full length come una candida e rigetta nebbia mattutina si impossessa delle fredde lande del nord: spruzzatine di Falconer e sentori di Mithotyn si alternano furiosamente senza mai scadere nel troppo banale e ripetitivo. Le caratteristiche principali di “Fi’mbulvintr” risiedono nella particolare voce di Karl, non troppo growl e nemmeno troppo scream, bensì un’efficace via di mezzo con quel pizzico di ruvidità che lo contraddistingue dall’oceano di voci di questo tipo, e dagli incredibili motivetti di chitarra che ricordano in toto quelle dei sempre più citati e idolatrati Mithotyn. Davvero da pelle d’oca in alcuni punti e che più volte sono riusciti ad indurmi in uno stato catatonico di ammirazione e prostrazione (per farvi un’idea ascoltatevi “Einhaerjar” e capirete di cosa sto parlando).

A dirla tutta non mi sarei mai aspettato un disco così ben prodotto, rifinito e suonato con vera passione e pura grinta vichinga. Onestamente non mi aspettavo nemmeno un disco del genere, che effettivamente è arrivato in sordina, ma che poi, come le miglior tradizioni norrene ci insegnano, ha scombussolato e messo furiosamente a ferro e fuoco un genere che stava pian piano venendo dimenticato.



01.Intro
02.Einhärjar
03.Vämods Tale   
04.The Last Journey   
05.Never Will You Know Of Flesh Again
06.Wrath Of The Gods   
07.Snake Tongue
08.Brethren Of The North   
09.Day Of Sorrow   
10.Lingering A Sacred Ground
11.Heroes' Brigade   
12.Strike Of The Hammer   
13.Fi'mbulvintr (Outro)   

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