Agosta
Virus

2010, Massive Arts
Pop Rock

Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 19/10/10

Utilizzare come fondamenta portanti del proprio lavoro i capisaldi del pop rock italiano e vestire quindi l'album dei canoni stilistici fondamentali di tale genere comporta sempre un certo, inevitabile rischio: confezionare un cd assolutamente anonimo, la cui unica utilità pratica risulta poi quella di aggiungere un nome in più all'interminabile elenco di cantanti e gruppi appartenenti a questa categoria. Ci son cascati i Lost con il loro ultimo lavoro, ci son cascati, uno dopo l'altro, i “talenti” dei pestilenziali show televisivi, molti gruppi emergenti di questa particolare frangia del vasto mondo musicale non sono purtroppo immuni da questo rischio, e sono come funamboli alla loro prova generale: o rimangono in equilibrio sul filo, nutrendo quindi qualche possibilità di arrivare alla propria meta, o col loro incedere indeciso precipitano nel vuoto, senza che questo possa interessare realmente a qualcuno. Tra i tanti equilibristi, gli Agosta approdano alla loro prima prova discografica, e da questo punto di vista possiamo dire che i Nostri, almeno, hanno già messo i piedi sul filo. Ora tutto sta nel vedere se saranno in grado di rimanere in equilibrio o se cadranno rovinosamente...

A presentare il gruppo ci pensa “Virus”, titletrack del concept album (in verità non basta un vago tema ricorrente, come quello dei rapporti sentimentali, per poter dare ad un lavoro l'appellativo di “concept”, ma questo è un discorso troppo ampio da affrontare in questa sede), caratterizzata da una strofa che richiama alla mente i Bluvertigo di “Sono = Sono” e da un bridge ben congegnato (bello lo stacco di batteria), mentre il ritornello risulta molto più arioso e leggero (come si diceva, i canoni stilistici del pop rock nostrano vengono rispettati). Seguono “Casa Mia”, nenia malinconica ma dalle buone liriche, “Leggero”, che in un certo senso è l'opposto della prima traccia dell'album in quanto è il ritornello la parte più riuscita del brano, mentre “Piove Sopra Milano” non sarebbe poi così fuori posto all'interno della discografia dei Negramaro. Con “Sahara” i nostri esordienti funamboli (che in verità proprio esordienti non sono, in quanto tutti i membri della band hanno una certa esperienza nel mondo della musica) barcollano pericolosamente, cadendo nel cliché del pop rock moderno (batteria in primo piano e canto sofferto quasi soffocato dal resto degli strumenti) e risultando completamente anonimi. Per loro fortuna, la successiva “Fuori Piove”, pur essendo sulla falsa riga del brano precedente, risulta meglio concepita e realizzata, più equilibrata, così come “Pezzi Di Vetro”, sebbene quest'ultima soffre di una leggera ripetitività. “Mantide” è forse il punto migliore di tutto “Virus”, con vaghi richiami a Le Vibrazioni durante le strofe ed il finale della canzone. La crescente “Ami” e la conclusiva nonché finemente ottimista “Riparto Da Me” confermano quello che è stato il pensiero costante per tutto l'ascolto dell'opera: gli Agosta hanno delle carte vincenti, ovvero una certa esperienza già acquisita all'interno del mondo della musica (il cantante nonché fondatore del gruppo, Paolo, è un produttore) ed una buona capacità nella composizione dei testi, ma sono in parte giocate male a causa di certe scelte stilistiche poco originali che delle volte sfociano nell'anonimo (la già citata “Sahara”).

Il gruppo milanese è quindi ancora sul filo, seppur in equilibrio precario. Oscillano tra potenziale presente ma ancora non ben espresso e il rischio di attuare scelte che potrebbero scagliarli senza tanti complimenti nell'anonimo calderone di artisti pop rock italici. Attendiamo il successivo lavoro per confermare la caduta rovinosa o la continuazione del delicato cammino.



01.Virus
02.Casa Mia
03.Leggero
04.Piove Sopra Milano
05.Sahara
06.Fuori Piove
07.Pezzi Di Vetro
08.Mantide
09.Niente
10.Ami
11.Riparto Da Me

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