Devon Allman's Honeytribe
Space Age Blues

2010, Provogue/Edel
Blues

Recensione di Erik Molteni - Pubblicata in data: 21/10/10

Già in passato e proprio sulle pagine di SpazioRock avevamo sottolineato la titanica produzione che caratterizza il blues, con tutte le sue declinazioni e sfaccettature. Oggi ci troviamo a recensire un’opera interessante, che ha per protagonisti degli autentici professionisti della musica ed in particolare del mitico blues; nulla di innovativo, sia ben chiaro, ma un’onesta opera musicale che merita particolare attenzione da parte degli affezionati del genere.

Già la line-up messa insieme dal buon Devon Allman mette i brividi (nel senso buono del termine…): la sezione ritmica è affidata a George Potsos (basso) e a Gabriel Strange (batteria), mentre Devon Allman ci stupisce ancora una volta con la sua sei corde; attorno a loro una schiera di musicisti che hanno fatto la storia del genere: troviamo così il grande Huey Lewis con la sua straordinaria armonica in “Could Get Dangerous”, lo straordinario Ron Holloway, già sassofonista di Dizzy Gillespie, il violinista Bobby Yang, e poi ancora Tony Antonelli alle percussioni e Rick Steff alle tastiere. Un team da applausi già prima di mettersi all’opera e infatti le attese non vengono deluse, quantomeno dal punto di vista esecutivo. Sicuramente la tracklist offre una certa varietà musicale, caratterizzata da un appeal non indifferente, grazie ad un sapiente mix di blues “old style” con un sound più moderno e frizzante. Sotto quest’ottica l’album prosegue la strada intrapresa sin dai primi passi musicali mossi da Allman, un lavoro che si distingue per tecnica esecutiva ed esplosività musicale, in cui spiccano gli accattivanti riffs chitarristici del Nostro.

Le note negative sono invece da ricercarsi nell’originalità della proposta: come spesso accade in lavori di questo genere, la capacità esecutiva supera di gran lunga quella compositiva, nel senso che purtroppo siamo ancora alla ricerca di un album blues capace, se non di riscrivere i dettami del genere, quantomeno di rinnovare o ravvivare i fasti di un tempo. Certo, l’ultima fatica di Devon Allman si merita ampiamente la sufficienza, e senza ombra di dubbio ha la capacità di brillare di luce propria all’interno del panorama blues, complici gli straordinari musicisti che lo hanno accompagnato nell’impresa; ma probabilmente, i grandi appassionati di vecchia data rimarranno con quell’amaro in bocca tipico di chi si attende, da qualche anno a questa parte, l’album della svolta, da qualsiasi artista arrivi. Le iscrizioni sono aperte…



01. Could Get Dangerous
02. Space Age Blues
03. Salvation
04. Sir Duke
05. Endless Diamond
06. Blue Est Le Vide
07. Warm In Wintertime
08. New Pet Monkey
09. I’m Ready
10. Take Me To The Bridge
11. Insh’allah

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