Breach The Void
The Monochromatic Era

2010, Coroner Records
Industrial Metal

Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 26/10/10

Gli svizzeri Breach The Void sono una giovane band svizzera attiva sin dal 2007. Il loro DNA (o meglio, i loro circuiti, vista la proposta musicale di questi ragazzi) è composto essenzialmente da elementi presi da band come Fear Factory, Chimaira e Ministry (tra le tante): logico quindi attendersi un industrial metal (o meglio, un “cyber metal”, anche se non mi pare il caso di tirare in ballo un nuovo genere) dalle forti tinte futuristiche, asettiche e gelide.

A ben vedere ciò è vero solo in parte, dato che ai Nostri piace molto dare un tocco melodico ai propri brani: ciò si traduce principalmente in una componente vocalica duplice, con un growl pesante e minaccioso affiancato da una voce pulita all'orecchio molto soddisfacente e emozionante, ma ahimè piazzata in punti in cui una clean vocal non c'azzecca poi tanto. Già da qui emerge il primo sostanziale difetto di questo debutto intitolato “The Monochromatic Era”; ma andiamo con ordine. Le dieci canzoni presenti nell'album basano ovviamente la propria esistenza su continue e corpose iniezioni di elettronica cupa e fredda, la quale è impiegata per creare atmosfere spaziali e futuristiche: sfondo questo sul quale si muovono la sessione ritmica (robotica e martellante), le chitarre minacciose e la già citata alternanza di growl-clean alle voci. Il latrato furioso di Mark Romero pare essere sempre a suo agio nel marasma che si solleva in ogni pezzo, ma lo stesso non si può dire delle parti cantate con voce pulita. Queste di norma sono impiegate nei ritornelli, ma non è raro compaiano anche in altri punti, apparendo però inadeguate e un può fuori posto. Sin troppo melodiche, emozionali e ai limiti del “pop”, queste talvolta paiono essere inadatte alla guerriglia sonora che si scatena loro intorno, finendo quasi per suonare avulse dal contesto.

Questo difetto fa sì che molti pezzi suonino sin troppo artificiosi e “plasticosi”, meccanici. Il che sembra quasi un paradosso per un gruppo che fa “cyber metal”, ma così è. Per rendere meglio il concetto, prendete i Fear Factory di, che so, “Demanufacture”, e piazzate loro accanto i Breach The Void. Confronto schiacciante, senza dubbio, ma non è quello a cui mi riferisco. Gli svizzeri suonano sin troppo senza cuore, quasi senza passione, senza la dovuta convinzione in quello che fanno, al contrario dei FF, i quali, pur interpretando un genere a loro affine, appaiono di gran lunga più passionali, creativi, furiosi e trascinanti. E alla lunga questo aspetto non può che emergere, sebbene “The Monochromatic Era” contenga anche pezzi di buona caratura. E' questo il caso di “EC-10”, “Ruins”, “Spirals” (per quel che mi riguarda il pezzo migliore di tutto il lotto), tutti brani avvolti da un'aura minacciosa e dall'incedere malvagio (caratteristiche queste bene o male comuni anche alle altre canzoni), ma più equilibrate dal punto di vista della struttura e del songwriting.

“The Monochromatic Era” rientra per me nella categoria di quei dischi ai quali basterebbe pochissimo in più per saltare dalla sponda del “sufficiente” a quella del “buono” (se non oltre); il problema è che i Breach The Void hanno deciso di fregarsi con le proprie mani. Forse per rendere la propria proposta più accessibile, forse per troppa foga, i Nostri sono finiti infatti con lo strafare, consegnandoci un debutto senza infamia e senza lode, un album che mostra chiaramente il potenziale degli svizzeri, potenziale che stavolta non sono riusciti a tirar fuori come forse volevano. Rimanendo in tema, prendiamo questo “The Monochromatic Era” come il rodaggio di questi ragazzi, come una prova in attesa dell'inizio del gran premio: aspettiamoli dunque fiduciosi al prossimo giro.




01. Propagate

02. Subversive Mind

03. Retribution Engine

04. Customized Genotype

05. Falling

06. Digital Structure

07. EC-10

08. Ruins

09. Spirals

10. System Failure

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