Bryan Ferry
Olympia

2010, EMI
Pop Rock

Un album che raccoglie melodie raffinate e dalle forti tinte autunnali...

Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 27/10/10

L’istrionico Bryan Ferry si è rimesso di nuovo in carreggiata. Padre fondatore dei Roxy Music, il popolare cantautore britannico riparte dopo tre anni e mezzo dal controverso “Dylanesque” e cercherà una svolta attingendo proprio dal suo passato. Sono infatti i tre Roxy, Phil Manzanera, Andy Mackay e Brian Eno ad accompagnarlo in questa sua nuova avventura discografica, dopo trentasette anni da “For Your Pleasure”, anche se per l’occasione Bryan si è regalato una valanga di ospiti illustri, a cominciare dalla madrina del progetto, Kate Moss, la supermodella suprema che campeggia in bella vista nella copertina del disco e del primo singolo, “You Can Dance”.


Gli altri nomi che gravitano attorno al topic che conta, quello della musica, sono presto svelati: David Gilmour (Pink Floyd), Nile Rodgers (Chic), Oliver Thompson, Marcus Miller, Flea (Red Hot Chili Peppers), Mani (ex Stone Roses), Jonny Greenwood (Radiohead), i Groove Armada (in “Shameless”) e Scissor Sisters (in “Heartache By Numbers”). Impressionante, vero?

Olympia è, come da catalogo, un album che raccoglie melodie adulte e raffinate, un disco dalle forti tinte autunnali e dall’appeal radiofonico contenente otto brani inediti, una toccante rilettura di “Song To the Siren” di Tim Buckley e una nuova versione di “No Face, No Name, No Number” dei Traffic. Qualche accenno psichedelico, echi riverberati e un lieve tocco d’elettronica offrono all’ascoltatore una dimensione futurista, un po’ U2 e un po’ Kasabian, fermo restando l’interesse per il pezzo intimo ed elegante, quasi mai improntato sul refrain d’effetto e/o dozzinale. L’alternanza del rock da viaggio e del rock da camera è una declinazione che porta solo vantaggi a Olympia, arrangiato e prodotto alla perfezione, il cui unico difetto risiede nella sua indole sin troppo seriosa, non facile da decifrare per i neofiti che lo giudicheranno, sbagliando, come un disco pesante e pertanto noioso.


Complimenti dunque a Bryan Ferry, che ha saputo “usare” il suo cast in modo pratico e funzionale, senza andare ad intaccare il proprio stile e proponendo materiale di valido interesse. Ne consigliamo, pertanto, l’ascolto approfondito.





01.You Can Dance
02.Alphaville
03.Heartache By Numbers (Ferry/Scissor Sisters)
04.Me Oh My (Ferry)
05.Shameless (Ferry/Cato/Findlay)
06.Song To The Siren (Buckley/Beckett)
07.No Face, No Name, No Number (Capaldi/Winwood)
08.BF Bass (Ode to Olympia) (Ferry/Manzanera)
09.Reason Or Rhyme (Ferry)
10.Tender Is The Night

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