Worship
Dooom

2007, Endzeit Elegies
Doom

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 29/03/09

I Worship sono considerati dagli estimatori del funeral doom come una vera a propria band di culto, con un'aurea sviluppatasi grazie a una pietra miliare del genere, il mitico Last CD Before Doomsday (la riedizione del loro primo demo), una serie di split album e soprattutto a causa della tragica fine di uno dei due fondatori della band tedesca, Fucked-up Mad Max, morto suicida dopo essersi gettato da un ponte. Questa tragedia sembrava aver dettato la parola fine per i Worship, se non fosse stata per la passione dell'unico membro rimasto, The Doommonger, che ha rimesso in piedi la band, arruolando il secondo chitarrista Satachrist e Kuolema per basso e batteria, portandola a pubblicare il primo full-length, Dooom.

I nostri hanno fatto le cose in grande, dando in pasto agli appassionati settantatre minuti di funeral doom di buonissima fattura, curando al meglio sia artwork che produzione. Dooom, contenente materiale registrato nel 2000 (con alcuni ritocchi apportati recentemente), è, come prevedibile, un'opera mastodontica, impenetrabile, un lunghissimo lamento che procede per lentissimi quattro quarti che lasciano ben poco all'immaginazione. Per i Worship tutto è desolazione, ogni istante è buono per affossare ancor di più l'animo di chi si appresta ad ascoltare l'album, asfissiando con tempi oltremodo dilatati, dove i rintocchi della batteria diventano a volte quasi impercettibili, tanto sono distanti l'uno dall'altro. Ovviamente spetta a chitarre e voce il ruolo di protagonisti assoluti, scandendo atmosfere e melodie che spazzeranno via qualsiasi sentimento positivo, dando vita alle immagini desolanti che ci vengono proposte nell'artwork di Dooom.

Diciamo subito che i Worship non si spingono agli estremi limiti del genere, riuscendo comunque a circoscrivere tutte queste sensazioni allucinanti in brani ben caratterizzati, senza esagerare nella prolissità o nella lunghezza delle canzoni. Un'affermazione che potrà far sorridere i più comunque, perchè Dooom è uno di quei dischi che non fanno sconti a nessuno, uno di quei lavori che vanno presi per quello che sono, in cui i nostri non fanno nulla per venire incontro agli ascoltatori meno esperti in cerca di sensazioni nuove. L'anima underground e settoriale dei Worship è ancora viva, e lo si capisce subito dall'opener, Endzeit Elegy, quasi una sorta di lunghissima intro di cui c'è poco da raccontare... Si subisce e basta. Con All I Ever Knew Lie Dead si entra nel vivo del lavoro, con un copione che verrà mantenuto per quasi tutta la lunghezza dell'album: tappeto ritmico solenne e rarefatto, growl animale, e un lungo lamento di chitarra solista a ricamarvi sopra melodie angoscianti, ripetitive, eteree, raggiungendo a tratti punte di grandissima ispirazione. Nessuna novità, nessun alleggerimento del suono, nessuna incursione tastieristica, eppure i nostri riescono comunque a mantenere viva l'attenzione, variando registro quasi impercettibilmente, attraverso cupe aperture atmosferiche, parti di voce sussurrata, e arpeggi, con l'unica "concessione" di qualche lontano rintocco di campane. Effettivamente, l'unico appunto che posso fare ai nostri è di essersi troppo adagiati su un canovaccio sì collaudato, ma che da una band del genere ci si aspetterebbe forse un po' più illuminante, tenendo presente che la lunghezza media dei brani in questione è quasi "contenuta" rispetto ad altri act della scena. Un piccolo "difetto" che non intacca eccessivamente il valore di Dooom, anche perchè dopo The Altar And The Choir Of The Moonkult, troviamo le prime variazioni sul tema con Graveyard Horizon, inaugurata da un malinconico arpeggio e dalla voce pulita di The Doommonger, in cui si alterneranno momenti nerissimi ad altri maggiormente atmosferici. Il resto della tracklist si mantiene fortunatamente su alti livelli, con Zorn A Rust-Red Scythe (a pelle, il pezzo che più ha emozionato), e Devided, proponendo una bella cover dei Solitude Aeturnus, Mirror Of Soul, e chiudendo l'opera con il colpo di grazia chiamato I Am The End - Crucifixion Part II. Capirete che in album del genere, è quasi superflua un'analisi approfondita delle tracce, meglio ascoltare al musica e lasciarsi trasportare.

A ulteriore conferma della bontà del disco, vorrei sottolineare la bellezza dell'artwork, con un digipack a cinque pagine rifinito in maniera impeccabile, con illustrazioni e simbolismi a tema. Un album direi imperdibile per gli appassionati, che certamente non deluderà. Dopo i lugubri fasti del passato, siamo contentissimi di poter venire atterriti nuovamente dai Worship.




1. Endzeit Elegy

2. All I Ever Knew Lie Dead

3. The Altar And The Choir Of The Moonkult

4. Graveyard Horizon

5. Zorn A Rust-Red Scythe

6. Devided

7. Mirror Of Soul (Solitude Aeturnus cover)

8. I Am The End - Crucifixion Part II

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