My Silent Wake
IV Et Lux Perpetua

2010, Dark Balance
Doom

Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 31/10/10

Nati solo cinque anni fa ma con alle spalle una già corposa gavetta, i britannici My Silent Wake si riaffacciano sul mercato con il loro nuovo “IV Et Lux Perpetua”. Quello che abbiamo tra le mani è un album di buon doom/death metal con richiami al gothic, composto da otto tracce la cui durata va dai cinque ai sette minuti scarsi. Se chi si cimenta in questo genere non ha le idee ben chiare, rischia di provocare noia e sentori di “già sentito” negli ascoltatori più smaliziati e avvezzi a queste plumbee sonorità; i Nostri sono ben consci dei rischi che possono correre, ma per loro fortuna sono anche abbastanza capaci e preparati per non cadere più di tanto in simili trappole.

Ogni brano da loro composto tende infatti a differenziare il più possibile la propria struttura, cercando di tenere sempre desta l'attenzione (e, lasciatemelo dire, riuscendoci anche piuttosto bene). Già la partenza affidata alla titletrack è un esempio di quanto detto: il brano avanza lento tra riff sulfurei, continui saliscendi nel ritmo e l'impostazione vocale del cantante Ian, il quale oscilla di continuo tra growl e scream. Il break finale vede poi l'ingresso di una seconda voce femminile, la quale contribuisce a dare un tocco maggiormente sinistro al brano. Avanzando nella scaletta vengono fuori molti richiami alle melodie dei Black Sabbath: impossibile non pensare a loro ascoltando certi ricami chitarristici presenti in “Death Becomes Us” o “Bleak Endless Winter” (solo per fare due esempi), rimandi che aleggiano neanche troppo nascosti anche nella sezione ritmica di quasi tutti i pezzi della scaletta. Se, generalizzando, i Black Sabbath costituiscono il 40% del suono dei My Silent Wake, è anche vero che un altro buon 40% è coperto dall'alone decadente dei My Dyng Bride, un'aurea malvagia che serpeggia tra riff e riff, negli archi come nelle chitarre che di tanto in tanto abbandonano le loro consuete partiture lente e monolitiche per intessere ipnotici vortici tanto seducenti quanto torbidi. E quando, come in “Father”, Ian si mette a fare “l'Aaron della situazione” (basta sentire il suo cantato in clean) siamo davvero a posto con le somiglianze e i riferimenti ad altre band.

Trovo la proposta dei Nostri oltremodo convincente, sebbene assolutamente non nuova nell'attuale panorama musicale. Per fare doom non basta solo scrivere riff monolitici o rallentare smodatamente le proprie ritmiche, ci vuole anche una certa propensione, stile se vogliamo. Questi ragazzi sono stati in grado di metabolizzare appieno il modo di fare doom di alcune band importantissime (i già citati Black Sabbath e My Dying Bride), rielaborando il tutto e aggiungendo una buona dose di personalità. E proprio questa li ha salvati, elevando questo “IV Et Lux Perpetua” un gradino o due sopra gli odierni standard del genere, piuttosto affollato oggigiorno da gruppi che ripropongono stancamente formule già viste senza farle proprie. Riprendendo un discorso fatto in apertura, i My Silent Wake non hanno inventato di sicuro nulla, ma sanno suonare, e scusate se è poco: disco da ascoltare, come minimo.




01. Et Lux Perpetua
02. Death Becomes Us
03. Bleak Endless Winter
04. Father
05. Graven Years
06. My Silent Wake
07. Between Wake And Sleep
08. Journey's End

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