Ross The Boss
Hailstorm

2010, AFM Records
Heavy Metal

Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 05/11/10

"Ross The Boss, che chitarrista! Perché se n'è andato dai Manowar?". Quando ero più ingenua e forse anche più romantica, sognavo un suo epico e trionfale ritorno nei Manowar, tra sospiri nostalgici e punte di disappunto nel vedere i Kings Of Metal diventare sempre più pomposi, sbruffoni ed inconsistenti. Ora, fortunatamente, il tempo dei sospiri (neanche fossimo in pieno Stilnovo) è passato e mi ritrovo tra le mani questo "Hailstorm", ad opera del buon chitarrista statunitense. Il tutto, contornato da una nota di disincanto.


Con estremo realismo e schiettezza mi tocca dire che quest'album non è niente di incredibile od imperdibile. Intendiamoci, niente che non sia già stato fatto negli anni '80, dagli stessi Manowar, che effettivamente sembrano essere chiamati in causa piuttosto frequentemente nell'album. Non mancano brani che in sede live faranno impazzire i più giovani e gli assetati di più o meno grandi cavalli di battaglia; qualche brano bello ritmato, qualche frangente solenne e cadenzato come "Crom" oppure "Behold The Kingdom". Ma in tutto questo, tra melodie secche e rabbiose come frustate, tra velocità e riff corposi, introduzioni epiche come "I.A.G" e tentativi interessanti come in "Great Gods Glorious", non convince appieno il cantante Patrick Fuchs, che a mio avviso sembra ancora troppo acerbo. Ne consegue che il livello di produzione e di suoni in generale non siano proprio degni di una band che vanta un nome altisonante come quello del caro Ross The Boss. Sembrano quasi brani registrati durante un concerto od un esibizione qualunque. Certo, la grinta e la sfrontatezza tipica del genere non manca affatto, anche se sarebbe stata gradita un po' di cura in più e un po' di raffinatezza.


In buona sostanza, questo full-length lo trovo consigliabile ai nostalgici dei Manowar con il talentuoso chitarrista o agli appassionati del genere che non riescono a fare a meno di questo genere. È sicuramente gradevole da ascoltare un paio di volte, ma di certo non sarete assaliti dalla voglia di riascoltarlo in continuazione, complice anche la performance del cantante del quartetto tutt'altro che eccellente. Dato il nome e la caratura del musicista, francamente ci si aspettava un po' di più. Di sicuro non innovazione stilistica, ma comunque un po' più di cura nei dettagli, quello assolutamente sì.





01. I.A.G.
02. Kingdom Arise
03. Dead Man's Curve
04. Hailstorm
05. Burn Alive
06. Crom
07. Behold The Kingdom
08. Great Gods Glorious
09. Shining Path
10. Among The Ruins
11. Empire's Anthem

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