1476
Wildwood

2016, Prophecy Production
Art/Folk Rock

Tempo di uscire dall'ingrato mondo dell'anderground per i 1476, attraverso la pregevole re-issue di questo singolare lavoro.
Recensione di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 28/08/16

È l'etichetta tedesca Prophecy Production ad avere il merito di aver trascinato il duo americano dei 1476 fuori dal mondo dell'underground, proponendo da subito al pubblico una doppia re-issue che coinvolge l'album Wildwood e l'ep Nightwish, entrambi datati 2012. Questa recensione rivolge l'attenzione all'ascolto del primo lavoro, quasi un'ora di musica racchiusa in 11 tracce di incredibile varietà musicale. 


Conosciamo meglio questi ragazzi. Robb Kavjian e Neil DeRosa provengono dal New England, e ciò non è un dato irrilevante se si pensa a quanto la loro musica abbia in comune con quello che è il paesaggio caratteristico della zona. Nulla rappresenta meglio i 1476, infatti, dell'alone sinistro tipico di boschi, stradine e scogliere sull'oceano, nella stagione invernale del nord della east coast. Le originarie intenzioni Alt Rock della band sono infatti arricchite da tetre componenti Dark Indie e Folk, ma, Wildwood appare subito come un enorme calderone di generi senza apparente ordine logico.


Sì parte con i ritmi frenetici e le sfumature psych di "Black Cross - Death Rune" e "Watchers", ma l'album dà subito prova di versatilità con "The Dagger" e il suo cantato in continuo equilibrio tra punk e gothic (punk che sarà ancora più in luce in "Horse Dysphoria"). Sicuramente meritevole di considerazione è "Good Morning, Blackbird", brano malinconico che si sviluppa toccando sonorità hard rock a partire dalla sinistra narrazione della voce di Alexandria Noel e offre un pregevole intramezzo acustico prima di riprendere il tema principale in chiusura. Un crescendo di grande varietà strumentale su una ritmica tribale costituisce l'anima di "Bohemia Spires". A completare il tutto, non è trascurabile una venatura metal che contraddistingue le ultime tracce, soprattutto nelle ritmiche. È il caso della prima parte di "The Golden Alchemy", pezzo che poi fa nuovamente spazio ad una versione prolungata delle sezioni narrative presenti anche in precedenza, con l'alternarsi di diverse voci, femminili e maschili, su un giro di accordi di chitarra elettrica in costante aumento di intensità.


È dunque vero che Wildwood è un lungo miscuglio di generi, intenzioni ed ispirazioni, com'è altrettanto vero che è molto difficile inquadrare la band con certezza in canoni ben definiti. Ma di sicuro Robb e Neil hanno trovato una strada originale ed autentica all'interno di un immenso groviglio di generi, di per loro già spremuti fino all'osso, ed è un dato di fatto che l'ascolto di questo disco non può certo lasciare indifferenti.
Altro materiale bolle in pentola per i 1476 e, nell'attesa di scoprire cosa c'è nell'immediato futuro, la ristrutturazione di questo album attraverso le mani di una etichetta discografica ci ha permesso di scoprire un lavoro onesto e fortemente legato ad un'identità, che ci auguriamo possa rafforzarsi.





01.Black Cross - Death Rune
02.Watchers
03.The Dagger
04.Banners In Bohemia
05.Good Morning, Blackbird
06.Horse Dysphoria
07.Stave Fire
08.Bohemian Spires
09.An Atrophy Trophy
10.Shoreless
11.The Golden Alchemy

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