“Music and lyrics by Chuck Schuldiner”.
Una frase sul retro di un libretto che ancora oggi riesce da sola a trasmettere emozioni, una garanzia di eccellenza che ha avuto pochi eguali nella storia dell'heavy metal. Difficile quantificare l'enorme eredità musicale lasciata da Charles Michael Schuldiner, per tutti Chuck, troppo grande è stato il suo contributo per la nascita, lo sviluppo e l'evoluzione del death metal; un genere che nelle sue mani ha acquistato una dignità e spiritualità difficilmente immaginabili, passando da semplice manifestazione di violenza in musica, a veri affreschi di gusto, tecnica e sentimento, tanto da estendere la sua aurea anche al di fuori del ristretto ambito death.
Una sensibilità e un talento impressionanti, un musicista che preferì abbandonare le lezioni di chitarra per esplorare autonomamente il mondo dentro di sé, come se sin dai primissimi giorni da chitarrista in erba, sentisse il bisogno di seguire il suo istinto e condividerne i frutti col mondo... E il povero Chuck di perle ce ne ha regalate a profusione, la storia parla per lui e per la sua discografia con i Death, capitoli imperdibili per ogni amante della musica. Tanto successo e perfezione avrebbero appagato chiunque, non lui, che all'apice della carriera, sente che la sua arte sta virando verso nuovi territori, sente il bisogno di abbattere nuovi confini, di rimettersi in gioco. Siamo all'incirca a metà degli anni 90, i Death spopolano, ma Chuck aveva già in mente i Control Denied. Comincia a comporre materiale, tanto da utilizzarne parte per l'ultimo capolavoro targato Death, “The Sound of Perseverance”, chiudendo così un capitolo fondamentale della sua vita.
Non deve infatti stupire il parallelismo tra “The Sound of Perseverance” e “The Fragile Art of Existence”; il primo porta il death in territori heavy e progressivi, il secondo abbandona completamente la violenza in favore di uno stile difficilmente classificabile, amplificandone i connotati emozionali e formali, raggiungendo una fusione mai più raggiunta di potenza, trasporto, finezza del songwriting e assoluta padronanza tecnica. Agli annali “The Fragile Art of Existence” (pubblicato nel 1999) è passato, a grandi linee, come progressive power metal, ma mai come in questo caso, l'attribuzione a un particolare genere perde ogni significato.
Un grande musicista, ma soprattutto, almeno dalle testimonianze raccolte negli anni, una straordinaria persona, un vero scopritore di talenti e splendido collante tra i membri della band, capace di spingere al massimo le potenzialità dei compagni. Come sempre, anche per i Control Denied, Chuck si circonda di artisti straordinari: chiama a sé Shannon Hamm alla chitarra, il fenomenale batterista Richard Christy, Steve DiGiorgio e il suo basso fretless e infine lo sconosciuto (all'epoca) Tim Aymar, cantante da sempre dibattuto dai fan della band, ma capace di spaziare ampi registri vocali con una teatralità unica.
Il risultato è un'opera senza tempo, un album che raggiunge livelli di eccellenza assoluti, in cui tutto procede senza la minima sbavatura, emozionante, energico, tra impetuose cavalcate e momenti maggiormente riflessivi. Canzoni molto elaborate che offrono molteplici chiavi di lettura: ammirare il songwriting, concentrarsi sulla mostruosa esecuzione strumentale, apprezzare la fruibilità del prodotto nonostante la sua complessità, abbandonarsi alla profondità dei testi, delle melodie e della carica spirituale che pervade ogni attimo, lasciarsi andare ad headbanging sfrenati... O forse, carpire tutte queste sfaccettature come un “unicum” inscindibile e rendersi conto della magia contenuta in questo capolavoro.
Un capolavoro che grazie all'opera di rimasterizzazione acquista ancor più valore, regalandoci un'ora di demo molto interessanti, in cui si può anche apprezzare Chuck dietro il microfono in “Breaking The Broken”. Mai come in questa occasione le parole non riuscirebbero a spiegare la bellezza di quest'opera, né ci sentiamo di segnalare qualche pezzo in particolare... Musica del genere va provata necessariamente sulla propria pelle.
“The Fragile Art of Existence”, un titolo che di lì a poco avrebbe rappresentato la vera condizione di Chuck Schuldiner, in un tragico gioco del destino, passando dalla musica alla vita reale, fino a quando il male, un tumore al tronco encefalico (diagnosticato poco dopo l'uscita del disco e nel giorno del suo trentaduesimo compleanno), ebbe il sopravvento il 13 dicembre 2001. Concludiamo con le parole che lo stesso Chuck ha voluto rivolgere a tutti i suoi fan nei suoi ringraziamenti, ennesima testimonianza della profonda umanità di un musicista geniale:
“Music is the universal language that links all of us together, creating a personal bond. I hope this music will touch your lives. Let the Metal flow”.
NdR: è disponibile anche una versione limitata contenente tre cd.