I God Dethroned sono una di quelle band che si subiscono, tanta è la ferocia esecutiva che mostrano ad ogni tornata discografica. Ferocia che non fa difetto nemmeno in questa nuova fatica, la nona, intitolata “Under the Sign of the Iron Cross”.

Battendo il ferro fin che è caldo, i nostri ci mettono solo un anno per dare un seguito al buon “Passiondale”, album riuscitissimo incentrato sulla prima guerra mondiale, in cui gli olandesi davano asilo a soluzioni maggiormente melodiche in grado di spezzare l'incedere tritatutto. L'innesto di due ottimi elementi, in una line-up ancora una volta rinnovata, come i due Prostitute Disfigurement alla chitarra e batteria, poteva indirizzare le aspettative su un sound che unisse brutalità e alto tasso tecnico, in una chiave “progressiva” del death tanto in voga ultimamente, salvo poi ricordarci che a capo dei God Dethroned c'è Henri Sattler e si fa, giustamente, come vuole lui.

Il risultato è quindi un album monolitico, in cui le melodie sono ritornate dietro le quinte, sparato dall'inizio alla fine. Un blackned death metal di pregevole fattura sulla corta distanza, ma deficitario una volta distribuito lungo tutto un disco. Se consideriamo però che “Under the Sign of the Iron Cross” dura solo trentasei minuti, vuol dire che qualcosa non va. Precisiamo, la band gira e picchia alla grandissima, quello che manca è un po' di varietà, un qualcosa che possa donare dinamismo a un lavoro che è assimilabile a una mitragliatrice impazzita che spara incessantemente distruggendo tutto. Niente che non si abbia già ascoltato in meglio (anche dalla stessa band) centinaia di volte.

Un lavoro affrettato, con poche idee forse un po' confuse, vedi la voce pulita nella title-track che pare essere incollata senza alcun senso, che farà la gioia di chi cerca solo violenza e blast-beat a pioggia. Non da buttare, ma ampiamente sacrificabile.