Massimo Volume
Cattive Abitudini

2010, La Tempesta Dischi
Alternative Rock

Il ritorno sulle scene della band bolognese: ecco uno dei migliori dischi italiani del 2010

Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 23/11/10

Ci sono dischi piacevoli, dischi buoni, dischi che incuriosiscono, dischi che catturano l'attenzione. Poi, ci sono dischi che entrano in testa e da li non vanno via tanto facilmente, dischi che, in sostanza, hanno quel “quid” che altri non hanno e mai avranno. Dopo anni di silenzio, alcune date negli ultimi due anni in giro per l'Italia ed un album live (“Bologna Nov. 2008), i Massimo Volume hanno capito che era giunto il momento di tornare in studio, di riprendere il tragitto interrotto otto anni fa. Il tempo di mettere insieme e registrare un po' di idee, di buone idee, ed ecco il risultato di tale lavoro. Con “Cattive Abitudini” si torna alle consuetudini stilistiche di un tempo, senza per questo ripetersi. Si torna a tessere quella tela di accordi, parole ed emozioni che era stata abbandonata, per fortuna solo momentaneamente.

La traccia d'apertura mescola un testo incentrato sulla difficoltà di scrollarsi di dosso il passato ed il cercare di andare avanti, con versi recitati di “Waking in the Blue” del poeta americano che da il titolo al brano stesso, Robert Lowell. Le parole di Clementi lasciano posto ai versi d'oltreoceano, poi si accavallano, infine, come un ultimo sussulto, ricompare Lowell:


We are all old-timers,
each of us holds a locked razor.


Suoni rarefatti, sognanti ed ammalianti avvolgono le liriche di “Coney Island”, sfociano in un finale ricco di echi e delay che quasi riecheggiano una risacca marina; “Le Nostre Ore Contate” trasuda malinconia, “Litio” strizza l'occhio all'alternative rock che faceva pulsare il cuore dell'underground italiano negli anni '90, con la sua ritmica essenziale ma perfetta, trapana il cervello ora con una chitarra che sembra una sega elettrica, ora con il basso martellante che di minuto in minuto diviene sempre più dominante. Basterebbero queste canzoni, questi frammenti di poesia adagiate su onde musicali cangianti, ora placide, ora preannuncianti burrasca, per poter parlare di un lavoro praticamente perfetto: la scelta delle melodie, la scelta delle singole parole, la capacità di recitarle ed inciderle con decisione nella mente di chi ascolta. Ed invece c'è ancora molto. Ecco quindi l'eterea e penetrante “Tra La Sabbia Dell'Oceano” (tra gli episodi migliori dell'intero album), la psicotica “Avevi Fretta Di Andartene”, la apparentemente leggiadra “La Bellezza Violata” (ben realizzata l'idea di accostare arrangiamento leggero e pop e storia dalle tinte vagamente amare), le oscure dissonanze di “Invito Al Massacro”, la notturna “Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui”, fino ad arrivare a “Fausto”, il brano più energico di tutto il lotto e dedicato a Fausto Rossi, forte personalità della new wave italiana e non solo, alle atmosfere dilatate che d'improvviso vengono lacerate da oscure dissonanze caotiche in “Via Vasco De Gama”, e alla conclusiva “In Un Mondo Dopo Il Mondo”.


Ogni brano trasuda passione verso la musica, ogni composizione sembra voler esprimere davvero delle emozioni. Rabbia, malinconia, rassegnazione, non importa: l'importante è che l'ascoltatore si senta scosso, senta di non rimanere indifferente mentre scorrono, una dopo l'altra, le canzoni di “Cattive abitudini”. Emidio Clementi ha svolto un ottimo lavoro di ricerca e composizione testuale, riuscendo a non esser mai ampolloso o, viceversa, scontato, ma anche  il suo lavoro al basso e quello dei suoi compagni di viaggio Vittoria Burattini (batteria), Egle Sommacal (chitarra) e Stefano Pilia (chitarra) può dirsi senza dubbio eccellente. Tappeti musicali essenziali, come già detto, ma costantemente presenti, capaci di accarezzare il recitato (guai a parlare di “canto”) così come di schiaffeggiarlo ed imprimergli maggior forza, capaci di creare burrasche sonore delle volte persino caotiche, ma sempre funzionali nel contesto dell'opera (la già citata “Via Vasco De Gama” ne è esempio lampante).


Il nuovo nato dei Massimo Volume è un disco raffinato e al contempo estremamente accessibile, riesce lì dove, in un certo senso, hanno fallito Le Luci Della Centrale Elettrica con “Per Ora Noi La Chiameremo Felicità”: entrambi lavori pregevoli e di un certo spessore qualitativo, ma mentre l'operato di Vasco Brondi è a ben vedere ostico e di lenta e difficile assimilazione, “Cattive Abitudini” sorprende per la sua scorrevolezza, la sua facilità nell'essere ascoltato e compreso, rimanendo sempre su livelli qualitativi alti, decisamente alti, ed utilizzando un lessico pulito ed raffinato, al contrario di quello di Brondi, sì tagliente ma dal profilo di certo più quotidiano.


“Cattive Abitudini” dei Massimo Volume è uno dei migliori album italiani dell'anno che sta per concludersi, senza ombra di dubbio e senza paura di esser smentito. Recensioni del genere sono difficili da scrivere, perché è facile cadere nel tranello dell'emotività. Ma se dopo ripetuti ascolti, se dopo giorni e settimane un disco suscita ancora emozioni e pensieri forti come al primo “play” sullo stereo, significa che in quel disco è insito quel “quid” in più che gli altri non hanno e mai avranno.





01. Robert Lowell
02. Coney Island
03. Le Nostre Ore Contate
04. Litio
05. Tra La Sabbia Dell'Oceano
06. Avevi Fretta Di Andartene
07. La Bellezza Violata
08. Invito Al Massacro
09. Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui
10. Fausto
11. Via Vasco De Gama
12. In Un Mondo Dopo Il Mondo

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