Katatonia
Viva Emptiness

2003, Peaceville Records
Gothic

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 28/11/10

Recensione a cura di Alekos Capelli

 

Ci sono momenti, nella vita di una band, in cui  un deciso rinnovamento del sound rappresenta un momento talmente fondamentale da essere paragonabile a un nuovo inizio, o, quantomeno, a un capitolo del tutto originale, nel proprio percorso artistico. I Katatonia hanno da sempre abituato i loro fan a  queste sterzate stilistiche, dal death-doom degli esordi al dark-gothic metal di metà carriera, fino alla loro attuale incarnazione, che incorpora parecchi elementi precedenti, ma rivisitati alla luce di un sound sicuramente più teso, diretto e immediato.

 

Questa nuova e fortunata fase del gruppo svedese è stata inaugurata proprio da "Viva Emptiness", lavoro che si discosta nettamente dal pur valido "Last Fair Deal Gone Down", album che lo precede di soli due anni, ma che, all’ascolto, sembra quasi figlio di un’altra band, tanta è la differenza fra i due. La svolta stilistica, in casa Katatonia, poteva essere una mossa azzardata, perché andava a toccare proprio quegli elementi per i quali il gruppo aveva ottenuto popolarità, ovvero un impasto sonoro greve e cupo, con chiari rimandi doom, ma via via arricchito, negli anni, di dosi sempre più massicce di melodie e influenze gothic e rock.

 

Ebbene, "Viva Emptiness" rompe con questa ricetta proponendo, già dai primi secondi di "Ghost of The Sun", livelli di aggressività e violenza, veloce e diretta, che stupiscono, con addirittura un bel controcanto in screaming nel ritornello (a opera del chitarrista Anders "Blakkheim" Nyström). A proposito di canto, notevole il lavoro vocale di Jonas Renkse, capace di offrire una performance efficace e varia, dimostrando doti canore e varietà interpretative finora insospettate, che si discostano parecchio da quanto fatto in precedenza. Il tono generale dell’album sembra permeato da sapori e odori metropolitani, che ricordano il tipico grigiore e la vuota frenesia di certe atmosfere urbane, in bilico fra modernità e velocità futurista e paura e degrado decadentista. Anche le lyrics contribuiscono a tratteggiare spezzoni di questo mondo livido, raccontando storie di solitudine, violenza, disillusione, criminalità. Un lavoro, quindi, molto più vivo e mobile dei precedenti, quasi cristallizzati in un limbo gotico. Efficace e davvero godibile nella sua freschezza e immediatezza, merito di una composizione forse memore di alcuni stilemi tipicamente thrash, a livello ritmico, e di inclinazioni rock, per quanto riguarda l’impianto melodico.

 

Tecnicamente ineccepibile la produzione, curata e capace di far risaltare le sfumature di ogni strumento, la corposità e la ricchezza del suono, mai così pieno e rotondo, distante anni luce, ad esempio, dall’essenzialità di "Brave Murder Day". Highlights del disco, a parte la già citata opener, l’intensa "Sleeper", tesa fino al drammatico finale, "Wealth", tanto dolce nel prologo quanto efferata nel finale, e poi "Criminals", "Complicity", "Evidence", quasi una trilogia sulla vita criminale. Canzoni ben strutturate, interessanti, che resistono alla prova del tempo, non annoiando facilmente, e adatte alla dimensione live.

 

"Viva Emptiness" rappresenta dunque un tassello fondamentale nella carriera dei Katatonia, un album riuscito, che è riuscito nella non facile impresa di coniugare pesantezza e immediatezza, melodia e groove. Da avere nella propria discografia.





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