Ramones
Ramones

1976, Sire Records
Punk

Recensione di Nicola Gospel Quaggia - Pubblicata in data: 28/11/10

Per compilare la scheda di questo album mi sono servito dell’aiuto dell’indispensabile Wikipedia, più che altro per la data di pubblicazione. La mia attenzione è caduta, però, su di un dato in particolare, un dato al quale non avevo mai dato troppa importanza ma che invece penso sia fondamentale per descrivere il modo in cui ha inteso il rock’n’roll il quartetto newyorkese: la durata dell’intero album è di ventotto minuti e cinquantatre secondi. Contando quattordici canzoni, viene fuori una media di 2, 37 minuti a canzone, tutto questo un anno dopo le due “Shine On You Crazy Diamond” sull’album “Wish You Were Here” dei Pink Floyd le quali, da sole, duravano solo due minuti in meno dell’intero album dei Ramones.
 
Questo significa che i Ramones non volevano avere nulla a che fare con il rock adulto e ben strutturato dei Pink Floyd e di altri gruppi dell’epoca, non volevano avere nulla a che fare con gli arrangiamenti maestosi ed i testi profondi. I Ramones volevano essere quattro cretini che suonavano canzoni cretine, e questa fu la loro grande intuizione ed il loro maggior merito. Questo primo album, quello col quale si presentarono al mondo, non aveva nulla in comune con quanto era stato fatto prima di loro e avrebbe avuto ben poco in comune con quanto sarebbe stato fatto dopo di loro. Nessuno, nella storia della musica, riuscì ad essere tanto selvaggio, tanto meravigliosamente stupido, quanto lo furono i Ramones. Senza saperlo, e probabilmente senza volerlo, avevano dato il via ad una vera e propria rivoluzione culturale e musicale che di lì a poco avrebbe raggiunto i lidi britannici e tutto il mondo e che qualcuno decise di chiamare “Punk”. Se McLaren non avesse passato buona parte delle sue serate newyorkesi al CBGB’s (storico locale di NYC dove si esibivano Ramones, New York Dolls, Richard Hell, Television e via discorrendo), probabilmente Johnny Rotten sarebbe rimasto per strada a rubare autoradio e Joe Strummer avrebbe fatto il sindacalista. Ma così non fu. McLaren rimase colpito da questi quattro selvaggi che salivano sul palcoscenico con le gambe spalancate e gli strumenti alle ginocchia urlando filastrocche demenziali ad una velocità da manicomio e decise di esportare il loro sound ed il loro carisma nel suo paese natale, la Gran Bretagna.
 
Ma nessuno, questa è una mia opinabilissima opinione, riuscì mai ad ottenere lo stesso sound e lo stesso carisma dei Ramones. Il loro tiro rimase inimitabile. Le prime tre canzoni di questo disco sono qualcosa di incredibile: "Blitzkrieg Bop" (titolo che rivela la strana passione, del tutto apolitica del resto, di Dee Dee per il nazismo, passione dovuta alla sua infanzia trascorsa in Germania) parte con un’esplosione di suono. La chitarra, il basso e la batteria partono fagocitando ogni battuta ad una velocità quasi comica, roba che se te la spara la radiosveglia dello stereo (quanti giorni di scuola non saltati devo a questa canzone), ti viene da chiederti se sia uno scherzo, un infarto o la terza guerra mondiale. Poi succede qualcosa: la chitarra ed il basso smettono improvvisamente di suonare, il batterista continua a pestare come un fabbro ed una voce assurda, quasi fastidiosa, inizia ad urlarti contro “Hey Ho! Let’s Go!” per quattro volte e tutto riparte con un tiro pazzesco su cui dominano incontrastati i pochi accordi suonati dalla chitarra di Johnny fino a che, dopo qualche strofa e qualche ritornello, torna il vuoto dell’inizio e quello strano invito di Joy ad andare, non si sa bene dove, non si sa bene verso quale battaglia. Forse a massacrare un bambino con una mazza da baseball, come suggerisce la seconda traccia, un pezzo dove a farla da padrone sono il basso di Dee Dee e la batteria di Tommy, con la chitarra e la voce che si limitano a ricamare intorno alla sezione ritmica, per poi lasciarsi completamente andare alla più sfrenata ignoranza nella terza canzone: il trionfo del nonsense tanto nel testo quanto nell’arrangiamento. Un muro di suono contro cui ogni tuo tentativo di capirci qualcosa va letteralmente a schiantarsi. Nessun assolo, nessuna finezza tecnica, nessun capriccio vocale: queste prime tre canzoni sono come un’esplosione di nitroglicerina che rade al suolo tutto e lascia in piedi solo l’essenziale, tre strumenti e una voce abbastanza asettica. Ti viene voglia soltanto di ballare come un pazzo e di capirci sempre di meno, il tuo corpo sembra non aver mai voluto altro che quella musica, quella musica è tutto quello che è mai esistito: caos, orgia, perdita dei sensi. I Ramones hanno preso il rock’n’roll, gli hanno tolto il trucco, i bei vestiti; gli hanno preso i capelli e glieli hanno spettinati e hanno iniziato a prenderlo a calci nel culo in giro per il mondo. Via gli assoli, via i testi profondi ed impegnati, via i riferimenti culturali, via la politica, via tutto: tutto quello che resta è una musica primitiva, selvaggia ed irresistibile alla quale ci si sente costretti ad obbedire. Via ogni morale, resta solo una selvaggia volontà di potenza.

Il disco procede su questa falsa riga. Ventotto minuti e cinquantatre secondi in cui la parte più cretina e meno controllabile viene a reclamare il suo diritto all’esistenza e noi non possiamo fare altro che concederglielo, questo diritto e ci scopriamo piacevolmente sorpresi nel constatare quanto sia bello, in quella mezzora, dimenticarsi di tutto quello che sappiamo sulla musica, sulla tecnica musicale e concentrarci solo su quell’assurda forza che esce dalle casse della macchina o dalle cuffie dell’ iPod. Il bello di questo disco è che è senza luogo. Non c’è un luogo in sia più giusto ascoltarlo: è un disco che si adatta ai luoghi e si plasma sui tuoi umori. "Vuoi essere incazzato col mondo intero?", ti chiede il disco, "Fai pure, io sono qua per questo".

L'album è là per ogni tua esigenza: guidare da Milano a Bari di notte tenendo il tachimetro intorno ai centottanta, tentare di avvicinare una ragazza in discoteca pretendendo di pogare con lei o semplicemente cucinare tutta una domenica per degli amici che vengono a cena. Il primo (ma anche il secondo e il terzo) dei Ramones va bene qualunque cosa tu stia facendo. Sempre che tu sia disposto ad essere cretino e a non prendertela troppo con quei quattro scalmanati che ti suonano idiozie nelle orecchie.





01.Blitzkrieg Bop

02.Beat On The Brat

03.Judy Is A Punk

04.I Wanna Be Your Boyfriend

05.Chainsaw

06.Now I Wanna Sniff Some Glue

07.I Don't Wanna Go Down To The Basement

08.Loudmouth

09.Havana Affair

10.Listen To My Heart

11.53rd & 3rd

12.Lest's Dance

13.Don't Wanna Walk Around With You

14.Today Your Love, Tomorrow The World

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool