Recensione a cura di Alekos Capelli
"El Cielo" è il secondo full-length dei Dredg, band californiana dedita a un intelligente alternative-rock, progressivo e sperimentale nelle intenzioni, ma non tipicamente prog nel sound. Gruppo trasversale, che unisce il gusto per l’immediatezza e la melodia tipicamente pop a strutture, arrangiamenti e concetti lirici vicini piuttosto all’art-rock. Ensemble che, nello spazio di soli due lavori ha saputo trovare la ricetta corretta per bilanciare le proprie aspirazioni, inclinazioni, espressioni e identità, ottenendo, non a caso, un successo di pubblico e di critica via via crescente, proprio il tipo di successo impermeabile alle mode passeggere e al clima discografico.
A distanza di ormai otto anni infatti "El Cielo" mantiene intatta tutta la sua fresca poesia, la sua notevole personalità. Per chi fosse nuovo a questo ascolto si tratta sostanzialmente di un concept album, che tratta, fra l’altro, del fenomeno della paralisi del sonno, del sogno lucido, e dell’eterno divenire delle cose, ma, come se ciò non bastasse, interseca vari altri temi a livello lirico, e trova una delle maggiori fonti di ispirazione nel dipinto di Dalì “Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio”, più volte richiamato all’interno dell’opera, ad esempio nell’opener strumentale "Brushstroke: dcbtfobaaposba", che non è nient’altro che l’acronimo del suddetto titolo in inglese.
Con "Same Ol' Road" siamo già di fronte a uno dei picchi qualitativi ed emozionali di "El Cielo", una canzone condotta per mano come sempre dalla stupenda voce di Gavin Hayes, e dalle raffinate tessiture melodiche della chitarra di Mark Engles. Il testo è pura poesia, ispirata a un’etica dal sapore buddista/ambientalista, e ben esemplifica uno degli intenti del gruppo, ovvero proporre una musica per un’ecologia dello spirito, parafrasando Bateson. Questo legame estremo-orientale emerge fin dal titolo nella successiva "Sanzen", l’incontro fra il maestro e il discepolo, e rappresenta una composizione dal forte intento meditativo, sebbene il sound e il ritmo siano piuttosto diretti.
Onirismo e accenni psichedelici si ritrovano invece in "Δ", che pulsa tribale in sottofondo, grazie all’operato mai scontato di Dino Campanella dietro alle pelli, fino all’esplodere del chorus.
Altri capolavori sono il trittico composto da "Convalescent", "Eighteen People Living In Harmony" e "Scissor Lock". La prima una dichiarazione dall’urgenza quasi punk, la seconda una meditazione sullo stato e sul ruolo dell’arte nella nostra società, che sfocia lentamente verso il respiro sussurrato di "Scissor Lock", canzone liquida ed estatica, che esplora i limiti della veglia e del sonno, e che riesce a essere davvero intensa emozionalmente, rimanendo delicata e soffusa musicalmente. Impossibile non citare anche le successive "Of The Room" e "It Only Took A Day", entrambe accomunate stentorea vocalità di Gavin, che fa il paio con la decisa prestazione della band, memore della maggiore crudezza del debut Leitmotiv, catturando note ed emozioni non banali, attorno a linee melodiche e liriche come sempre personali. La chiusura è affidata al binomio "Whoa Is Me" e "The Canyon Behind Her", che riportano le tematiche dello scorrere, del fluire delle cose, e della ricerca di sé.
"El Cielo", musica pittorica, che disegna una cartina geografica per i territori della nostra interiorità. Dredg, un gruppo speciale, una delle più belle realtà del rock contemporaneo.