Gli Amia Venera Landscape sono, per quanto mi riguarda, la “next big thing” del panorama metal (nella fattispecie post metal/post core) italiano. Li seguo da diverso tempo ormai, sin dal loro EP, e questo “The Long Procession”, primo loro LP dato alle stampe in maniera indipendente, è di fatto la dimostrazione più concreta e su lunga distanza delle loro capacità.
Se si mastica un po’ il genere proposto dai Nostri è facile individuare nelle sonorità dei veneti echi di Isis, Neurosis, Cult Of Luna, Russian Circles, Red Sparowes, Rosetta, Breach e Converge (solo per fare alcuni nomi): una spiccata componente “post” quindi, unita a delle ritmiche e a delle melodie che rimandano al metalcore americano e a sezioni ambient “à la Tribes Of Neurot”. Una soluzione composita quindi, messa perfettamente in pratica nei dieci pezzi che compongono l’album. Quello che “spaventa” nel disco e nella band è la sua professionalità e il suo sapore internazionale: mi spiego meglio. Questi ragazzi, poco più che ventenni, suonano con il piglio e la maestria tipiche di band ben più rodate: ciò si traduce in pezzi complessi e articolati, che beneficiano di una produzione non comune per un’autoproduzione; la loro proposta rimanda poi a gruppi le cui sonorità non sono poi così comuni per il suolo italico (eccezion fatta per i vari Ufomammut e Lento, più alcune band del panorama più prettamente post rock), pescando a piene mani da un bacino tipicamente americano. Siamo di fronte a un capolavoro quindi, a un disco perfetto? Non proprio.
La freccia scagliata dagli Amia non solo ha inquadrato il bersaglio, ma è anche andata vicinissima a fare centro, e solo alcuni dettagli non permettono a “The Long Procession” di essere un disco eccelso: peccati comunque legati più alla giovane età e alla strabordante vena creativa del gruppo che a imperfezioni tecniche vere e proprie. In alcuni frangenti si assiste e una cascata di riff che si assommano e avvicendano in maniera schizofrenica, isterica: non è caos intendiamoci, o meglio, se di confusione sonora vogliamo parlare è comunque ragionata e voluta. Nella maggior parte delle situazioni in cui questa sensazione viene a galla siamo di fronte a parentesi dal background metalcore o tipiche del suono dei Converge o dei Breach; in generale questi momenti scombussolano un po’ l’ascoltatore, lo fanno un po’ smarrire all’interno delle labirintiche strutture che i Nostri innalzano. Nella maggior parte dei casi siamo comunque di fronte a pura magia post hardcore: brani come “A New Aurora”, “Glances Pt. 2” e “Nichòlas” manderanno senza dubbio in brodo di giuggiole gli amanti di queste sonorità, pregni come suono di atmosfere ora gelide e rarefatte, ora tribali e costituite su crescendo emozionali, ora feroci e selvagge. A accrescere la magia va segnalata la prestazione di Alessandro e Marco, un incrocio perfetto di voci clean e growl che si sovrappongono in maniera idilliaca: se anzi si fosse dato maggior spazio alla voce pulita i risultati sarebbero stati ancora migliori.
Gli Amia Venera Landscape sono una band giovane e estremamente promettente, sinceramente non riesco a capire come mai non sia stata messa sotto contratto da nessuna etichetta: con premesse come queste le possibilità di produrre capolavori sono tutt’altro che remote. Un po’ più di messa a fuoco, qualche leggerissima limatura nello stile, e sono certo che i Nostri faranno parlare moltissimo di sé nei prossimi anni. Nell’attesa godiamoci questo “The Long Procession” e, soprattutto, supportiamo questi ragazzi.
Se si mastica un po’ il genere proposto dai Nostri è facile individuare nelle sonorità dei veneti echi di Isis, Neurosis, Cult Of Luna, Russian Circles, Red Sparowes, Rosetta, Breach e Converge (solo per fare alcuni nomi): una spiccata componente “post” quindi, unita a delle ritmiche e a delle melodie che rimandano al metalcore americano e a sezioni ambient “à la Tribes Of Neurot”. Una soluzione composita quindi, messa perfettamente in pratica nei dieci pezzi che compongono l’album. Quello che “spaventa” nel disco e nella band è la sua professionalità e il suo sapore internazionale: mi spiego meglio. Questi ragazzi, poco più che ventenni, suonano con il piglio e la maestria tipiche di band ben più rodate: ciò si traduce in pezzi complessi e articolati, che beneficiano di una produzione non comune per un’autoproduzione; la loro proposta rimanda poi a gruppi le cui sonorità non sono poi così comuni per il suolo italico (eccezion fatta per i vari Ufomammut e Lento, più alcune band del panorama più prettamente post rock), pescando a piene mani da un bacino tipicamente americano. Siamo di fronte a un capolavoro quindi, a un disco perfetto? Non proprio.
La freccia scagliata dagli Amia non solo ha inquadrato il bersaglio, ma è anche andata vicinissima a fare centro, e solo alcuni dettagli non permettono a “The Long Procession” di essere un disco eccelso: peccati comunque legati più alla giovane età e alla strabordante vena creativa del gruppo che a imperfezioni tecniche vere e proprie. In alcuni frangenti si assiste e una cascata di riff che si assommano e avvicendano in maniera schizofrenica, isterica: non è caos intendiamoci, o meglio, se di confusione sonora vogliamo parlare è comunque ragionata e voluta. Nella maggior parte delle situazioni in cui questa sensazione viene a galla siamo di fronte a parentesi dal background metalcore o tipiche del suono dei Converge o dei Breach; in generale questi momenti scombussolano un po’ l’ascoltatore, lo fanno un po’ smarrire all’interno delle labirintiche strutture che i Nostri innalzano. Nella maggior parte dei casi siamo comunque di fronte a pura magia post hardcore: brani come “A New Aurora”, “Glances Pt. 2” e “Nichòlas” manderanno senza dubbio in brodo di giuggiole gli amanti di queste sonorità, pregni come suono di atmosfere ora gelide e rarefatte, ora tribali e costituite su crescendo emozionali, ora feroci e selvagge. A accrescere la magia va segnalata la prestazione di Alessandro e Marco, un incrocio perfetto di voci clean e growl che si sovrappongono in maniera idilliaca: se anzi si fosse dato maggior spazio alla voce pulita i risultati sarebbero stati ancora migliori.
Gli Amia Venera Landscape sono una band giovane e estremamente promettente, sinceramente non riesco a capire come mai non sia stata messa sotto contratto da nessuna etichetta: con premesse come queste le possibilità di produrre capolavori sono tutt’altro che remote. Un po’ più di messa a fuoco, qualche leggerissima limatura nello stile, e sono certo che i Nostri faranno parlare moltissimo di sé nei prossimi anni. Nell’attesa godiamoci questo “The Long Procession” e, soprattutto, supportiamo questi ragazzi.