Earth
Angels Of Darkness, Demons Of Light I

2011, Southern Lord
Doom/Drone/Rock

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 13/01/11

È davvero un peccato che una formazione del genere non riceverà mai, in termini di popolarità e tutto quello che ne consegue, una sufficiente considerazione in linea con la caratura artistica messa in mostra in venti anni di attività. Perché se è vero che gli Earth sono considerati un vero e proprio culto per una cerchia (neppure troppo piccola) di fedelissimo pubblico, i nostri sono tra le poche band di oggi a offrire un'esperienza sonora libera da ogni schema e catalogazione, presentando qualcosa che è avvicinabile al concetto più puro dell'arte, finalizzato esclusivamente ad appagare lo spirito degli ascoltatori.

Proprio per questo gli Earth andrebbero fatti ascoltare alle moderne generazioni di consumatori di musica usa e getta, per insegnare loro che, anche nella musica più ostica a arida possibile, possono nascondersi dei mondi affascinanti da esplorare, viaggi metafisici da intraprendere, basta solo avere la giusta predisposizione e un pizzico di attitudine, in modo da poter poi rivalutare tutti quelli che nascondono una preoccupante sterilità di contenuti in confezioni roboanti e appaganti all'orecchio. Fortunatamente Dylan Carlson ha sempre avuto tante cose da dire e da trasmettere e per farlo ha sempre scelto la via più difficile: padre del drone, oggi quasi di moda grazie ai discepoli Sunn O))) (meritevoli di averlo ulteriormente evoluto), si è specializzato in una nuova forma di scarnificazione sonora, in un processo di eliminazione di tutto il superfluo, arrivando quasi all'essenza primigena della musica, emozionando ed evolvendosi con soluzioni che dire semplici è dire poco.

A ben vedere il sostantivo semplice sarebbe inappropriato, ma come si fa a descrivere altrimenti brani (o interi album) sorretti da una manciata di riff che si ripetono fino all'esaurimento? Dal grande ritorno segnato da “HEX: Or Printing in the Infernal Method” del 2005, passando per “The Bees Made Honey in the Lion's Skull” del 2008, senza dimenticare l'ep “Hibernaculum” (2007), il buon Carlson, amico del fu Kurt Cobain (la leggenda vuole che fu proprio lui a fornirgli il fucile per il suicidio), si è dedicato alla descrizione di paesaggi desertici, abbandonando il drone e spingendosi in una direzione in cui psichedelia, rock, blues, tradizioni folk americane, doom, confluiscono in un suono lisergico e stratificato. Lunghe digressioni unicamente strumentali, andamento ipnotico, variazioni da cercare col lanternino, poche note sistemate nei punti giusti... Così poca forma ma così tanto significato, così tanto fascino, trasporto, emozione e visioni allucinate.

Album che rappresentano delle esperienze sonore, dischi che non si ascoltano, ma che devono essere necessariamente vissuti. “Angels Of Darkness, Demons Of Light I” è il nuovo capitolo degli Earth, prima parte di un concept che si chiuderà con la seconda parte attesa per fine anno e come sempre è un altro centro. Cosa è cambiato dai lavori precedenti? Poco, ma quel tanto che basta per far capire ai fedelissimi che la creatura Earth è in continua, ovviamente lenta, evoluzione. Fuori l'hammond di “The Bees Made Honey in the Lion's Skull”, dentro il violoncello di Lori Goldston (artista che collaborò anche coi Nirvana), accantonati i toni “roboanti” e la vaga sensazione di struttura delle vecchie canzoni, in favore di un approccio stilistico più vicino a “Hex”, sempre più desertico e arido, in cui è l'improvvisazione a definire la direzione dei nuovi brani. Poche ma significative variazioni dunque, un album nel segno della continuità, ma in costante cambiamento. Ascoltare “Old Black”, ad esempio, o la splendida title-track, è come immedesimarsi in un vecchio cowboy con tanto di spiga in bocca intento a contemplare l'orizzonte, immersi in una distesa sconfinata in cui tutto sembra muoversi al rallentatore, in cui persino l'aria diventa rarefatta, lasciandoci una sensazione che sa di malinconia e allucinazioni, commovente e inesorabile. Una perfetta colonna sonora per un incontro coi propri pensieri, da ascoltare con grandissima pazienza e predisposizione, ad occhi socchiusi, magari in condizioni psicofisiche “alterate”... Cinque canzoni per un'ora di musica, cinque brani che vi porteranno letteralmente “altrove”, la destinazione precisa sta a voi deciderla.

Genio o grandissima presa per i fondelli? Sicuramente questa è una delle domande che più si faranno i neofiti, i detrattori o semplici curiosi occasionali. Non sappiamo se si tratti di genio, sicuramente abbiamo a che fare con musicisti dalla sensibilità ben oltre il comune, capaci di inventare e reinventare nuovi modi per esprimersi. Evidentemente dietro l'apparente semplicità, deve esserci una complessità di fondo non indifferente, non si spiega altrimenti il perché nessuno al di fuori degli Earth riesca a produrre musica del genere, tanto impalpabile quando densa di significati. Il consiglio è di dare una chance agli Earth e di non scoraggiarsi, questa è davvero musica non adatta a tutti. Il voto che leggete in fondo (come il genere in alto) sono solo formalità, l'arte, a questo livello, non si cataloga e non si giudica.



01. Old Black

02. Father Midnight

03. Descent To The Zenith

04. Hell’s Winter

05. Angels Of Darkness, Demons Of Light I

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