Gli Artas sono un quintetto austriaco formatosi nel 2006, con alle spalle solo un disco, “The Healing”, del 2008, debutto che ha molto ben impressionato la critica. In questo 2011 si riaffacciano sul mercato con una nuova uscita, “Riotology”, con la quale cercano di cavalcare ancora l’onda e di aumentare il numero di consensi e proseliti.
Per etichettare la musica del combo si può ricorrere senza grossi problemi al metalcore, anche se, va riconosciuto, i Nostri sono piuttosto di larghe vedute, se è vero che il loro sound va a pescare anche elementi derivanti da band come Fear Factory oda gruppi appartenenti al nu metal a stelle e strisce. Per arricchire e diversificare maggiormente la loro proposta questi ragazzi ricorrono anche all’uso di lingue diverse oltre all’inglese, quali lo spagnolo o il tedesco, e ciò effettivamente sorprende abbastanza piacevolmente l’ascoltatore. Sorprende anche (ma stavolta non tanto in positivo) l’incredibile quantità di riff, cambi di tempo, direzione e atmosfera alla base di ognuna delle sedici (sì avete letto bene) tracce che compongono l’album, la cui durata supera di poco l’ora complessiva. Quanto detto già evidenzia due dei tre principali limiti di questo disco: all’eccessiva voglia di stupire (con il rischio di spaesare) e all’eccessiva durata del lavoro aggiungo la mancanza di grossi stimoli che portano a (ri)ascoltare i Nostri. Che per carità, suonano sin troppo bene, ma danno come l’impressione di essere un po’ arruffoni, di stratificare così tanto e così senza fondamenta da risultare alla fine un po’ innocui, privi di mordente e non in grado di farsi ricordare per nessun brano in particolare. Il ché è ancor più grave se si pensa che di sedici canzoni nessuna riesce veramente a alzare il capo da una certa piattezza di fondo. Insomma, tanto rumore per nulla!
“Riotology” è un album che non merita una stroncatura, essendo tutto sommato un buon lavoro che cerca di andare un po’ oltre i confini dell’usurato metalcore (a tal proposito, mi chiedo quando finirà questa nuova ondata di band-fotocopia…), ma non merita nemmeno un buon voto, per i suoi difetti sopraccitati. E’ da considerarsi una buona base di lavoro per gli Artas, questo sì: alla band per le prossime produzioni si richiede però un maggiore controllo delle proprie idee, le quali devono essere direzionate in un unico punto, se non si vuole rischiare di apparire sin troppo “farfalloni” e alla lunga inconcludenti. I fan sfegatati del metalcore potranno magari trovare pane per i loro denti in “Riotology”, per tutti gli altri ascoltatori forse è il caso di guardare oltre, almeno per adesso.
Per etichettare la musica del combo si può ricorrere senza grossi problemi al metalcore, anche se, va riconosciuto, i Nostri sono piuttosto di larghe vedute, se è vero che il loro sound va a pescare anche elementi derivanti da band come Fear Factory oda gruppi appartenenti al nu metal a stelle e strisce. Per arricchire e diversificare maggiormente la loro proposta questi ragazzi ricorrono anche all’uso di lingue diverse oltre all’inglese, quali lo spagnolo o il tedesco, e ciò effettivamente sorprende abbastanza piacevolmente l’ascoltatore. Sorprende anche (ma stavolta non tanto in positivo) l’incredibile quantità di riff, cambi di tempo, direzione e atmosfera alla base di ognuna delle sedici (sì avete letto bene) tracce che compongono l’album, la cui durata supera di poco l’ora complessiva. Quanto detto già evidenzia due dei tre principali limiti di questo disco: all’eccessiva voglia di stupire (con il rischio di spaesare) e all’eccessiva durata del lavoro aggiungo la mancanza di grossi stimoli che portano a (ri)ascoltare i Nostri. Che per carità, suonano sin troppo bene, ma danno come l’impressione di essere un po’ arruffoni, di stratificare così tanto e così senza fondamenta da risultare alla fine un po’ innocui, privi di mordente e non in grado di farsi ricordare per nessun brano in particolare. Il ché è ancor più grave se si pensa che di sedici canzoni nessuna riesce veramente a alzare il capo da una certa piattezza di fondo. Insomma, tanto rumore per nulla!
“Riotology” è un album che non merita una stroncatura, essendo tutto sommato un buon lavoro che cerca di andare un po’ oltre i confini dell’usurato metalcore (a tal proposito, mi chiedo quando finirà questa nuova ondata di band-fotocopia…), ma non merita nemmeno un buon voto, per i suoi difetti sopraccitati. E’ da considerarsi una buona base di lavoro per gli Artas, questo sì: alla band per le prossime produzioni si richiede però un maggiore controllo delle proprie idee, le quali devono essere direzionate in un unico punto, se non si vuole rischiare di apparire sin troppo “farfalloni” e alla lunga inconcludenti. I fan sfegatati del metalcore potranno magari trovare pane per i loro denti in “Riotology”, per tutti gli altri ascoltatori forse è il caso di guardare oltre, almeno per adesso.