L'evoluzione del metal negli ultimi decenni ha portato sicuramente un costante miglioramento tecnico di base della stragrande maggioranza delle nuove band apparse sulla scena, non sempre supportato da un proporzionale incremento della musica prodotta. Troppo spesso oggi si ascoltano musicisti incredibilmente preparati che si limitano a fare il verso questa o quella determinata formazione, incapaci di donare un tocco personale alla propria musica. Fortunatamente in mezzo a questo mare sconfinato, esiste un manipolo di band che se ne fregano di tutto e di tutti, proseguendo imperterrite nella loro opera, questa volta sì personale, in barba a mode o particolari trend del momento.
I Crowbar fanno certamente parte di questa categoria. Gente non di primo pelo, il debutto risale al 1991, ma una band che potremmo definire “istant classic”. Più o meno come si descrivono alcuni rari modelli di automobili... Prendete una Ford GT, da sempre uguale a se stessa, da sempre unica ed inimitabile. E sempre lo sarà. Ecco, i Crowbar sono e saranno sempre rozzi, diretti, privi di qualsiasi velleità tecnica, il loro suono è un “istant classic”, che disco dopo disco ha avuto modo di affinarsi, senza variare mai di una virgola. Non si scappa nemmeno col nuovissimo “Sever the Wicked Hand”, atteso per sei lunghi anni in cui il leader/frontman Kirk Windstein è stato occupato coi Down e Kingdom of Sorrow, realtà musicali affini, ma niente che si avvicini ai Crowbar per fascino e “ignoranza” (in senso buono ovviamente).
Per diventare degli “istant classic” bisogna avere comunque qualità eccezionali, altrimenti si corre il solo il rischio di risultare ripetitivi e di venire dimenticati. In questo senso i Crowbar sono degli assoluti fuoriclasse, avendo da sempre rappresentato il lato più genuino e incontaminato della musica sudista degli States, legandosi a doppio filo a New Orleans e inanellando dischi di qualità superiore. Inimitabile infatti lo sludge/doom/core tipico di Kirk e compagni, un sound paludoso e pesante come un macigno, che si lascia di tanto in tanto scappare qualche accelerata, per poi riversarsi in groove micidiali e spacca collo. Certo, dietro i Crowbar si staglia la figura incombente di Tony Iommi e dei suoi riff, ma non credo possa essere un'attenuante... Anzi.
Bene, ma alla fine come è questo “Sever the Wicked Hand”? La risposta è molto semplice: Crowbar al 100%. Un album in cui la semplicità si eleva allo stato dell'arte, un lavoro che odora di birra (anche se il buon Kirk ha recentemente ammesso di essere sobrio da sei mesi a questa parte...), in cui ogni singola goccia di sudore dei musicisti viene percepita indistintamente. Riffoni pastosi, groove a volontà, variazioni da manuale e, su tutto, la voce spettacolare del barbuto Kirk, unica per profondità e intensità. A parte qualche episodio isolato più movimentato, i nostri giocano su mid-tempos in cui è il felling e la classe a dare quel qualcosa in più al disco... Non c'è niente che un buon musicista non sappia riprodurre dopo qualche ora di prova, ma difficilmente un semplice musicista saprebbe costruire un riff di apertura come in “Let Me Mourn”: quattro note in croce, bending piazzato al momento giusto e ci costruisci una canzone sopra. Il risultato, stupefacente, spiega il perchè i Crowbar sono così stimati e unici. Appunto, “istant classic”.
Un ritorno davvero da applausi, cinquanta minuti abbondanti senza un singolo calo di tono, in cui ogni singolo brano meriterebbe di essere citato. “Sever the Wicked Hand” è quello che ogni fan dei Crowbar attendeva di ascoltare, piazzandosi tra le migliori produzioni degli americani e, sicuramente, tra le top list di fine anno di migliaia di ascoltatori in giro per il mondo. Non fatevelo scappare!
Crowbar
Sever the Wicked Hand
2011, E1 Music
Sludge
01.Isolation (Desperation)
02.Sever the Wicked Hand
03.Liquid Sky and Cold Black Earth
04.Let Me Mourn
05.Cemetery Angels
06.As I Become One
07.A Farewell to Misery
08.Protectors of the Shrine
09.I Only Deal in Truth
10.Echo an Eternity
11.Cleanse Me, Heal Me
12.Symbiosis