Lo ammetto candidamente, questo "In Case Of Loss" degli Areknamés all'inizio l'avevo un po' maltrattato e trascurato, lasciato in un angolo dei miei ascolti senza impegno, avendo parecchi dischi da ascoltare e da recensire. Poi, per caso una sera metto in modalità "riproduzione casuale" il mio iPod e ascolto la splendida "Beached". Attratta da quel basso pulsante e da quell'atmosfera tutta psichedelica della voce di Michele Epifani, decido di continuare nell'ascolto, ripescando l'intero album. "Alone", un altro brano stupendo, mi mette un po' di malinconia, però è dolce e cullante con quei sintetizzatori che mi ricordano qualche notte da bambina, dove cercavo carillon ed affini per cercare di calmarmi di fronte alla paura del buio ("Losing balance, searching for something / To grab onto / I fell down in the blackest sea"). Ottima ed apprezzabile la scelta di mettere un bel sassofono nel bel mezzo del brano, per poi ritornare a prendere il tema iniziale. Quando ci sono cambi imprevedibili e sorprese simili, la progster che si nasconde (ma neanche troppo) in me inizia ad esaltarsi. Quando l'interesse della sottoscritta ha raggiunto un livello molto alto, scatta la ricerca e la lettura dei testi e reputi che emotivamente mi abbia colpito molto "Dateless Diary", sicuramente per la combinazione delle melodie, con quei riff di chitarra aggressivi che colpiscono nel momento in cui l'autore esprime tutta la sua paura di lasciare il mondo delle sicurezze, delle certezze, per venire a contatto con la realtà nuda e cruda. Un altro brano che ha colpito nel segno è stato "A New Song", tanto delicato e a tratti sommesso nei primi tre minuti, per poi esplodere in un intermezzo che sembrava esser stato ispirato dai Deep Purple (e a momenti la sottoscritta canticchiava sommessamente"Highway Star"). Il finale di quest'album è lasciata all'impegnativa "The Very Last Number", una vera e propria suite di venti minuti monumentale, dove si riassume tutta la voglia di fare progressive rock mescolato a sonorità psichedeliche, con qualche spruzzata di jazz suggerita da quel piacevole sassofono più volte intercettato nel full-length.
Onestamente, quello degli Areknamés è un lavoro proprio variegato e raffinato, per cui il suggerimento è di ascoltarlo più volte e con attenzione. Di certo, l'ottima produzione può aiutare nell'ascolto. Senza dubbio, uno degli album progressive rock tra i più raffinati del 2010.