Ci sono formazioni che compongono in “modalità AC/DC” e altre che cercano di proporre sempre qualcosa di originale rinnovandosi continuamente. Liberi loro di seguire l'una o l'altra strada, liberissimi noi di trarne le conclusioni. Se nel caso degli australiani più famosi del pianeta questo non rappresenta un problema (o meglio non sussiste per i loro fan), quando però il blasone e le capacità non sono così cristalline, il rischio di fregarsi con le proprie mani è sempre dietro l'angolo.
I potentissimi DevilDriver sono da anni ormai nella fase copia/incolla. Potendo vantare un paio di pubblicazioni di altissimo livello, il trademark degli americani è rimasto pressoché immutato nel tempo, apportando minime modifiche per giustificare i nuovi titoli dati ai pezzi inediti nel corso della carriera. Ovviamente non sono gli unici a riproporre la solita formula, per restare in ambito estremo i primi che vengono in mente sono certamente i Cannibal Corpse, altro fulgido e mirabile esempio di autoconservazione, ma quando tu cominci la scalata con qualcosa di personale e poi ti ripeti è un discorso, se invece già all'inizio della carriera devi votarti a qualche santo per trarre ispirazione è tutto un altro paio di maniche.
Cosa voglio dire? Non bisogna essere fini ascoltatori per trovare le influenze all'interno del sound dei DevilDriver, tutte quante convergenti verso quella band capitanata da Phil Anselmo e da Dimebag Darrel; certo, idee rinforzate, ipervitaminizzate, velocizzate, modernizzate, rese ancor più estreme, ma la matrice è senza dubbio quella. Una via che ha certamente fruttato e che fa arrivare i nostri al quinto album in carriera, il presente “Beast”, con lo status di band “di un certo livello”. Un lavoro ineccepibile e formalmente inappuntabile, con un unico grosso difetto: manca di mordente.
Che i DevilDriver siano dei super musicisti ormai lo sappiamo, che la sezione ritmica sia mostruosa è acclarato, ma quello che affossa non poco “Beast” è quel misto di mancanza di idee/assuefazione che arriva sempre nella carriera di una band, che si trova dunque a un bivio: rimanere ancorata al passato e vivere di rendita o rischiare e saltare l'ostacolo. In tutta la scaletta del disco rimane davvero poco in testa, giusto qualche passaggio da urlo in un mare di “ovvietà” che fa abbassare la votazione minuto dopo minuto. La modalità di cui parlavamo sopra è pericolosa, si rischia di arrivare al punto “ascoltato uno, ascoltato tutti”. E i DevilDriver ci sono cascati con tutte le scarpe, non facendo nulla per invertire il destino.
Un peccato, il thrash/groove presente in “Beast” non riesce a portare nuovi stimoli per ascoltare Dez Fafara e compagni, nemmeno se siete dei fan storici... La piattezza si manifesta proporzionalmente al crescere dei deja vu accumulati lungo l'ascolto. Non basta più essere perfetti e potenti, ora servirebbe anche scrivere in modo più efficace.

DevilDriver
Beast
2011, Roadrunner Records
Thrash
Formalmente inappuntabili, ma i DevilDriver tendono a ripetersi e perdono mordente...
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 21/02/11 
01.Dead to Rights
02.Bring the Fight (to the Floor)
03.Hardened
04.Shitlist
05.Talons Out (Teeth Sharpened)
06.You Make Me Sick
07.Coldblooded
08.Blur
09.The Blame Game
10.Black Soul Choir
11.Crowns of Creation
12.Lend Myself to the Night
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