Nathalie
Vivo Sospesa

2011, RCA/Sony
Pop Rock

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 27/04/11

Il mondo dei talent show e quello del rock più “puro” ed intransigente hanno poco da spartire e non tocca certo a noi dirlo; è un dato di fatto che tutte le new sensation lanciate negli ultimi anni dai vari X-Factor e Amici siano state inquadrate più o meno a forza in un circuito di lustrini, melodie laccate e nazionalpopolari ed apparizioni televisive enfatizzate dal clamore e dall'enfasi talvolta nauseabonda di un pubblico prevalentemente adolescenziale. Agli occhi di chi fatica per anni per costruirsi una reputazione e una carriera da musicista, la macchina-reality assume le sembianze di un mostro sempre avido di nuove vittime e pronto a sfamarsi di presunte star emergenti della musica italiana ad ogni ricambio stagionale. Eppure, come un famoso detto insegna, non tutto il male vien per nuocere e capita talvolta, tra tanti prodotti di bigiotteria, di imbattersi quasi per caso in un diamante grezzo, destinato (si spera) a durare nel tempo e a far parlare di sé, ponendosi ben al di sopra di subdoli meccanismi discografici e mode passeggere. È proprio nel corso della trasmissione che ha reso celebre personaggi quali Giusy Ferreri e Marco Mengoni (nient'altro che scaltri imitatori di grandi miti musicali del passato – ne abbiamo veramente bisogno?) che abbiamo scorto le prime avvisaglie di questa controtendenza. Edizione 2009: un trio di sorelle, conosciuto con il nome di Yavanna, si fa notare per la propria sensibilità artistica. Ottime cantautrici, ma anche amanti della letteratura fantasy e di tutta l'arte in grado di veicolare le emozioni più pure, le Nostre donano quell'inaspettato (ma bramato da tanti musicofili) piglio sofisticato alla celebre trasmissione di Rai Due. Una scossa di vitalità sagacemente indirizzata ad un pubblico addormentato, o più semplicemente addomesticato, ma anche un ottimo punto di partenza per far sì che nell'ultima edizione del format fosse la parola “qualità” a reggere le sorti del gioco.

Così, per una timida cantautrice romana di origine italo-belga, un esordio in sordina che rischiava di escluderla dal programma già dalla prima serata si è trasformato in una meritata ed acclamata vittoria. Dapprima Nathalie, all'anagrafe Natalia Beatrice Giannitrapani, classe 1979, sembra quasi un pesce fuor d'acqua sul luminoso palco di X-Factor. Lo sguardo docile e il look naif contrastano con la voce piena, graffiante, ricca di sfumature e l'attitudine da rockeuse dal cuore in tempesta, ma le sue interpretazioni di “America” (Gianna Nannini), “Time Is Running Out” (Muse) e “Fortissimo” (Rita Pavone), tra le tante, sbaragliano la concorrenza e la proclamano vincitrice morale ed effettiva della trasmissione.

Non stupisca la propensione di Nathalie verso brani rock e cantautorali, spesso distanti dagli standard televisivi; cresciuta a pane e Tori Amos, Jeff Buckley, Radiohead e Pj Harvey, la Nostra non è certo nuova al genere di musica del quale siamo soliti parlare su queste pagine. Già cantante di un tributo agli Skunk Anansie, nonché della gothic nu metal band Damage Done (con la quale ha inciso un demo e aperto un concerto dei Vision Divine), Nathalie lavora ormai da parecchio tempo al suo progetto solista, che la vede scrivere brani in italiano, inglese, francese ed esibirsi nei locali underground della capitale accompagnata dal fido pianoforte. Nessun contributo esterno: un aspetto, questo, che caratterizza la coraggiosa scelta di esibirsi in finale sulle note dell'inedito “In Punta Di Piedi”, uno struggente pezzo composto interamente da lei (novità assoluta per un finalista di X-Factor). Per coronare la vittoria, Sony Music pubblica un EP omonimo che in breve tempo diventa disco d'oro. La notizia della partecipazione al festival di Sanremo, infine, porta il nome di Nathalie sulla bocca di tutti.

Per tutti questi motivi “Vivo Sospesa” non suona affatto come un disco d'esordio, né tanto meno risente delle ingenuità e degli scimmiottamenti tipici di tanti, troppi artisti debuttanti. Quella che affiora tra le undici canzoni che compongono il full length è una cantautrice raffinata, esperta nel modulare la propria voce, una piccola miniera d'oro che, per impatto emotivo, potrebbe ricordare la L'Aura di “Okumuki” (a proposito, le due artiste si sono esibite sul palco del festival nazionale in un duetto da brividi: andate a rivedere la loro performance, se ne avete occasione) o la Elisa degli esordi, ma va subito detto che i brani di Nathalie sono molto meno radio-friendly di quelli delle colleghe e che la loro dimensione intimista li avvicina maggiormente a più quotati nomi di fama internazionale. Echi del compianto Jeff Buckley fanno quindi capolino nell'opener “Paura Del Buio”, pop rock inquieto che sembra essere stato ideato per musicare una favola dark di Tim Burton, oppure nel crescendo elettro-acustico di “Intimate Colours”, dove Nathalie ci sorprende col suo tipico timbro graffiante e un mood in bilico tra la rabbia e la rilassatezza. Non male la cadenzata “Mucchi Di Gente”, un ideale punto d'incontro tra Giuni Russo e gli ultimi Muse. Piace, allo stesso modo, scivolare sul romanticismo torbido e noir di “Cuore Calmo” e sul rock atmosferico di “Suspended”, ma è nei brani costruiti sul connubio pianoforte e voce che l'artista mette completamente a nudo la propria anima: “Nello Specchio” e “Manteau Noir” sono l'emblema di una dimensione espressiva che calza a pennello con la personalità fragile e sognante della Nostra, molto abile nel tratteggiare, attraverso i suoi testi, un lirismo etereo e impalpabile.

Un delicato quartetto d'archi dilata la magia che aleggia sugli episodi più soffusi dell'album, tra i quali vale la pena ricordare la titletrack, non una semplice rock ballad, ma un'appassionata dichiarazione di intenti (“trasformerò le ferite profonde / e le parole in sospiri di amanti / proteggerò i miei sogni più puri / si sveleranno al calore del giorno”), la fatata “Lungo Le Sponde Del Fiume”, velata da un'elettronica soffusa ed onirica, e la commuovente “Sogno Freddo”, capolavoro di pura malinconia dai candidi toni pastello (“Ti sogno quasi desta / e resta nell'ombra un'immagine di te / Mi sveglio in una vertigine di vento / E lenta nel mio sogno / Mi muovo frammentata, / ti cerco come meta”).

Non sapremmo veramente dire cosa manca a questo disco... Forse, con il passare degli ascolti, s'avverte l'assenza di un pezzo che faccia veramente gridare al miracolo o che scuota le viscere nel profondo (la musa Tori dovrebbe farsi sentire di più!), ma la classe e la stoffa di Nathalie sono sotto gli occhi di tutti. Di certo, un'artista di questo calibro non può e non deve assolutamente passare inosservata o essere confusa con la massa amorfa di voci carine ma prive di sostanza che imperversano nel panorama nazionale, poiché i suoi pezzi mostrano un'ispirazione solida e destinata a maturare nel migliore dei modi. Per ora ci fermeremo un'istante, incantati e rapiti da una dolce melodia, ad ammirare questa giovane fata sospesa nel suo sogno freddo, tra “
cieli di ghiaccio e luna di feltro”...





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