JoyCut
Ghost Trees Where To Disappear

2011, Pillowcase Records
Darkwave

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 02/03/11

No dai, è davvero sin troppo facile avvicinare i nostrani JoyCut ai Joy Division, visto il monicker assai simile; è, poi, davvero banale avvicinarli anche ai The Cure più dispersi nella loro celebre trilogia gotica, vista la proposta musicale totalmente votata ad un darkwave rock talmente British nello spirito, che sei portato a dubitare fino all’ultimo secondo del disco che tu stia ascoltando una band italiana. Eppure, con questo quarto parto discografico, la band ha raggiunto una perfezione formale davvero invidiabile.

Registrato ai The Premises di Londra, noto e gettonatissimo studio di registrazione alimentato al 100% ad energia solare, imballato con materiali ad impatto ecologico zero, prodotto dalle sapienti mani di Jason Howes (noto per i suoi lavori con Bloc Party, Arctic Monkeys e Lily Allen – tanto per consolidare, ce ne fosse bisogno, lo spirito inglese dell’operazione) questo “Ghost Trees Where To Disappear” è, innanzitutto, un viaggio, il percorso di un uomo che, volutamente, si perde ai margini dell’umanità per ritrovare un senso delle cose. Tuttavia, tornando alle band citate in apertura di articolo, se tali accostamenti nascono praticamente in modo naturale, assolutamente non scontati sono gli squarci luminosi che, periodicamente, fanno capolino all’interno delle melodie della band, lacerando quel velo di oscurità che viene perfettamente rappresentato nelle ispirazioni musicali e nella cover. Sono questi pianoforti cristallini, queste tastiere leggere eppure malinconiche, questi ronzii di chitarra elettrica inquieti sullo sfondo musicale…tutto concorre ad arricchire la musica dei JoyCut con decise sfumature dream pop, e se bisogna citare un gruppo di derivazione anglosassone per continuare sul binario dei paragoni, l’atmosfera è decisamente più Slowdive che Cocteau Twins (un modo molto elegante per dire che è un dream pop decisamente inquieto ed emozionale, piuttosto che autenticamente formale, quello scelto dai JoyCut). Citare dei brani, a questo punto, non è difficile: ci sono giocosi girotondi decadenti in “GardenGrey”, ossessività in crescendo in “TTG”, la progressione perfetta di “Liquid” o la chiusura dolcemente malinconica di “W4U”… Tuttavia, l’operazione, per quanto facilitata dalla personalità dei brani, è assai sterile ed inutile: “Ghost Trees Where To Disappear” è un disco che va assaporato tutto dall’inizio alla fine, demanda di perdersi nelle sue plumbee atmosfere e vi facilita il compito con canzoni di notevole ispirazione.

Se bisogna necessariamente citare un difetto attorno alla formazione, direi che l’unico appunto è già stato scritto, ovvero che troppi nomi e troppi nomi noti saltano immediatamente alla mente ascoltando la musica dei JoyCut, per cui i Nostri potrebbero venire accusati – non a torto - di scarsa originalità. Tuttavia, questo è un disco che può essere messo in collezione accanto a “Disintegration” dei Cure, “Unknown Pleasures” dei Joy Division e “Souvlaki” degli Slowdive senza rischiare di sfigurare o sminuire il valore artistico della raccolta, tanto è ben riuscito e confezionato. Scusate se è poco.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool