Star One
Victims Of The Modern Age

2010, Inside Out
Heavy Metal

Dalla desolazione spaziale al caos terrestre: Star One!
Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 02/03/11

Un affannoso percorso nella dispersione spaziale alla ricerca di un pianeta che possa offrire acqua e ossigeno: così poteva facilmente riassumersi il primo capitolo di Arjen Lucassen’s Star One, intermezzo futurista piazzato tra un viaggio e l’altro dell’altra esperienza astrale, Ayreon. Quello che sembrava essere un incantesimo base, evocato per stoppare temporaneamente l’epopea del menestrello interstellare, viene lanciato oggi per la seconda volta, potenziato dai punti esperienza accumulati, in attesa che Lucassen tragga nuova ispirazione per continuare il racconto della saga sci-fi musicale più avvincente che sia mai stata composta e prodotta. “Ho basato i brani di questo disco sui film post apocalittici che, nel corso della mia vita, più mi hanno impressionato” scrive Arjen e prosegue: “a differenza del primo capitolo space metal di Star One, le cui canzoni erano create per rappresentare lo spazio, la maggior parte dei brani del nuovo album sono localizzati sulla terra… e per non rovinarvi la sorpresa non vi dirò a quali film essi si ispirano…”.


DIETRO LE QUINTE

La versione che abbiamo preso in considerazione per realizzare questa recensione è quella completa, doppio compact in confezione digibook, perché di un lavoro targato Arjen Lucassen è bene tener conto anche dei particolari. Siamo ad analizzare il secondo supporto, che contiene un video divertente basato sul making of di "Victims Of The Modern Age". Il primo musicista presentato è il batterista Ed Warby, che ha concluso i suoi lavori in tre soli giorni e per il quale Arjen si è espresso in questi toni: “Mi arrivano richieste da tanti batteristi, e mi spiace per loro perché se hai Ed in line up, non ti serve nessun altro”. E’ il turno del bassista Peter Vink, altra certezza per l’olandese, e poi in successione tocca ai cantanti che l’Arjen versione tassista va a prelevare alla stazione dei treni di Oudenbosch (Olanda) alle prime ore del mattino. Dan Swano è molto carico ma la palma al più simpatico va a Damian Wilson dei Treshold, che si spaventerà per uno scherzetto comminatogli dallo stesso Arjen proprio alla stazione. Russell Allen (Symphony X), raggiunge l’Olanda con un aereo e prima di cantare in studio si esibisce in quelli che vengono presentati come i “segreti del maestro”: gargarismi. I ragazzi raccontano di come sono venuti a conoscenza della musica di Arjen, compresa la dolce Floor Jansen, che ha un approccio fin troppo timido… almeno fino a quando non le consegnano un microfono e quando la telecamera non stringe sul seno prosperoso per un siparietto da non perdere. Infine, un breve e veloce resoconto sulle altre ospitate, quelle di Joost van den Broek, mago delle tastiere, e Gary Wehrkamp, che ha prodotto alcuni assoli di chitarra elettrica: impressionanti le esecuzioni in studio di un paio di brani.


HO VISTO COSE CHE VOI UMANI…

Dalla desolazione spaziale al caos terrestre, risucchiati in un vortice sinuoso, “Down The Rabbit Hole”, una perfetta introduzione che chiaramente allude al film di Alice Nel Paese Delle Meraviglie di Tim Burton. Da qui in poi è una marcia trionfale. Il sound è compatto, monolitico, l’obiettivo di Arjen è quello di spezzare l’elemento progressivo di Ayreon e di concentrarsi solo sull’incedere frenetico dell’heavy metal, e ci riesce. Come al solito le hammond lattiginose giocano in favore dell’olandese, creano l’atmosfera ormai brevettata e ruotano attorno alle geometrie elettriche per un sound davvero spaziale, l’ideale per chi ama gli scenari cosmici. “Digital Rain”, basata sul film The Matrix, ne è fulgido esempio. A proposito di cinematografia, troverete decine di citazioni nei testi, da Arancia Meccanica nella title track a Blade Runner in “It All Ends Here” (il versetto “moments are lost, like tears in the rain” non da adito a dubbi), da Gattaca in “Closet To The Stars” al Pianeta delle Scimmie in “Human See, Human Do. Ancora una volta azzeccata la scelta delle voci, la palma dei migliori va come a Russell Allen e a Damian Wilson, che spesso si incroceranno nell’oscurità della galassia di Star One per illuminarla, donando un punto di vista panoramico.


LA FINE DI UN’ERA

Una carriera lunga e assai ricca come quella di Arjen Lucassen, aggiunge oggi un altro fondamentale tassello in vista del capolavoro definitivo. Il nuovo capitolo di Star One è intrigante e coinvolgente, ma mai quanto Ayreon, è bene chiarirlo. Guilt Machine ci ha deliziato con una versione soft delle idee dell’artista, Victims Of The Modern Age si soffermerà su quella più heavy. E’ un signor disco, i cui arrangiamenti sono tanto eleganti da renderlo godibile dalla prima all’ultima nota. Fate attenzione: se deciderete di acquistarlo, optate la versione limitata, il secondo supporto contiene cinque bonus track inedite che a livello qualitativo valgono quanto i brani titolari.





Tracklist CD1:
01.Down The Rabbit Hole
02.Digital Rain
03.Earth That Was
04.Victim Of The Modern Age
05.Human See, Human Do
06.24 Hours
07.Cassandra Complex
08.It’s Alive, She’s Alive, We’re Alive
09.It All Ends Here


Tracklist CD2:
01.As the Crow Dies
02.Two Plus Two Equals Five
03.Lastday
04.Closer to the Stars
05.Knife Edge

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