Formati dal talentuoso batterista Virgil Donati, Tony MacAlpine (Planet X, Steve Vai) e da Mark Boals (Yngwie Malmsteen, Uli Jon Roth, Royal Hunt), nonché da Andreas Geck, ci si può aspettare un lavoro estremamente tecnico e magari difficile da assimilare ad un primo ascolto. Data la caratura e la qualità degli artisti è possibile, tuttavia la sottoscritta è rimasta sorpresa dall'immediatezza della proposta, sempre all'insegna del prog metal, ma anche della grinta e del calore espressi in "Seven The Hardway". I riff cupi che introducono "Liar" sorprendono per essere onestamente un po' lontani dal prog, ma introducono un brano grintoso, dove convince la prova del buon Mark Boals, che complessivamente presenta una bella estensione vocale ed incanta anche nei brani più toccanti come "Something More", una ballata acustica, dove non poteva mancare di certo una sorta di assolo con la chitarra acustica. Non manca la ruffianeria e la grinta in "All I Had" che presenta un ritornello adatto da far cantare al pubblico in sede live (piccola nota: sfortunatamente non abbiamo ancora avuto il piacere di vederli in concerto, in quanto il tour europeo era stato annullato). "Happy Ending" è un brano impegnativo, ma molto apprezzato dalla sottoscritta, con un bel ritmo da headbanging. Mi ha sorpreso l'inizio di "Guilt", che sembra più ricordare un brano di quelli rabbiosi e di protesta di alcuni gruppi alternative metal. Non viene trascurato il virtuosismo e c'è sempre spazio per qualche bell'assolo di chitarra, che l'ascoltatore può certamente apprezzare in "Solitary Man".
Insomma, questo "Seven The Hardway" al termine dell'ascolto risulta essere appagante e soddisfacente, per essere un debutto. Buono il bilanciamento tra virtuosismi, tecnica ed immediatezza. A conti fatti un lavoro sorprendentemente fresco e godibile. Ora non manca che vederli in concerto per certificarne la potenza e la qualità sul palco!