These New Puritans
Hidden

2010, Angular/Domino
Post Punk/New Wave

Recensione di Nicola Gospel Quaggia - Pubblicata in data: 16/03/11

"Hidden", secondo lavoro dei britannici These New Puritans pare essere, per lo più, un disco fatto per raggelare il sangue nelle vene di chi ascolta. Un disco fatto di sferzate di suoni gelidi e prevalentemente asettici.

Una valutazione superficiale, data dal primo ascolto, potrebbe tranquillamente fermarsi qua e dire molto poco riguardo alla musica dei These New Puritans. Sembra, infatti, non poter suggerire alcuna sensazione di calore umano, sembra quasi voler allontanare l’ascoltatore, spaventarlo. La chiave di lettura, per non fermarsi a questa superficiale valutazione, va di sicuro ricercata nei due portentosi muri portanti che tengono in piedi l’intero album: i pattern ossessivo-compulsivi della batteria di George Barnett e i vocalizzi schizo–paranoici del suo fratello gemello Jack. Utilizzando questi due solidissimi punti di riferimento, ci si può avventurare, seppure con i dovuti piedi di piombo, all’interno di questo deserto di ghiaccio.

Musicalmente, i quattro di Southend-on-Sea, dimostrano di sapersi muovere decisamente all’interno di un territorio decisamente pericoloso, quello della sperimentazione, riuscendo a fondere con disinvoltura generi e sonorità molto diversi tra loro.  Questo disco riesce ad offrire selvagge cavalcate alla Einsturzende Neubauten (“Drum Courts- Where Corals Lie” sembra quasi fungere da manifesto del gruppo), e strane interpretazioni antartiche in chiave hip–hop (“We Want War”, ad esempio, ma direi più o meno tutto il disco.). Per dirla tutta, basta non lasciarsi spaventare dal primo ascolto. La prima volta che lo si ascolta si potrebbe infatti pensare che si tratti di un ottimo disco da ascoltare giusto prima di suicidarsi, e poco più. Riascoltandolo più e più volte, ci si rende invece conto che si tratta di un lavoro di estrema raffinatezza messo in piedi con grande savoir faire. Certo, bisogna essere dotati di una buona dose di pazienza e di stomaco, ma questo disco riesce, nonostante la robusta scorza di ghiaccio che lo avvolge, ad avvolgere l’ascoltatore che abbia il coraggio di muovere verso di esso la propria attenzione. Se nella vostra vita avete apprezzato veramente le grida isteriche e la freddezza da manicomio dei Public Image Ltd, o le sonorità da sfasciacarrozze degli Einsturzende Neubauten, questo disco fa decisamente al caso vostro. Non pensate, nemmeno per scherzo, di poterlo mettere ad una festa o di poterlo ascoltare in macchina: è un disco che avrà bisogno di tutta la vostra attenzione. Se state “tacchinando” una ragazza o un ragazzo e avete intenzione di metterle/gli una canzone di questo disco nella compilation che state preparando per lei/lui, vi consiglio vivamente di consultare il vostro psichiatra.

E’ un disco che merita attenzione, estrema attenzione, sarò ripetitivo, ma è così: nessuna traccia, infatti, può avere un senso se isolata dalle altre. Manca qualcosa per fare di questo disco un capolavoro: i britannici dimostrano infatti di avere una certa dose di coraggio e di saper sperimentare come si deve, ma non sembrano mai spingersi oltre un certo limite. Non riescono mai ad essere “fastidiosi” nel modo in cui i PIL e gli Einsturzende riuscivano ad essere autenticamente e meravigliosamente “fastidiosi”. In definitiva, mi accorgo di dover tornare per forza di cose al punto da cui ero partito: si tratta di un disco talmente glaciale da non poter nemmeno essere “fastidioso”. Merita comunque di essere ascoltato ed apprezzato più e più volte.   



01. Time Xone  

02. We Want War

03. Three Thousand  

04. Hologram  

05. Attack Music

06. Fire-Power  

07. Orion  

08. Canticle  

09. Drum Courts - Where Corals Lie

10. White Chords  

11. 5

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