My Inner Burning
Eleven Scars

2011, Steamhammer/SPV
Gothic

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 02/04/11

Non c’è che dire, in questo "Eleven Scars" gli ingredienti per un disco di successo ci sono tutti e sono pure miscelati e cucinati con classe. Ma tutto ciò potrà davvero bastare per conquistare il favore del pubblico, se non quello della critica?

"Eleven Scars" apre le danze con una scelta sonora che, a dire il vero ad una prima impressione, non sa né di carne né di pesce. “Masquerade”, oltre ad essere un titolo un filo abusato in ambiente gothic metal, riassume in sé stilemi di almeno tre generi diversi senza assumere con decisione l’identità di almeno uno di essi e, purtroppo, senza assurgere ad un nuovo quarto inaudito genere. Il pezzo è nel complesso un po’ insipido seppure ben suonato. Ma è presto per farsi un’idea troppo chiara del disco. “Analize” comincia ad inserire in maniera più evidente delle contaminazioni pop non particolarmente emozionanti ma neanche completamente fuori luogo. Si sente un filo l’eco degli Evanescence che furono e la conferma arriva con “Electrified”. Il terzo brano in lista riesce molto meglio dei precedenti nel mescolare gli elementi a disposizione dei My Inner Burning. Gli arrangiamenti da album pop sono messi piacevolmente al servizio di chitarrone distorte e una voce maschile distorta in controcampo, mentre la vocalist Becky Gaber si dispone senza troppa forza, insomma con il giusto garbo, al di sopra di tutto con un ritornello se non indovinatissimo almeno molto orecchiabile. Mi ripeto di nuovo che è un po’ presto per esprimere un giudizio d’insieme, eppure… Mentre sul lettore passano le note di “For The Last Time”, riguardo la copertina del disco. Tatuaggi, un coltello a serramanico e una bottiglia di Bourbon secca. Un po’ c’è da capire se ci si sarebbe aspettati un piglio un po’ più duro dai Nostri. Non che manchino del tutto di grinta, ma saranno gli arrangiamenti, saranno i suoni… Insomma sarà l’acqua, sarà l’aria, ma sebbene gli ingredienti ci siano tutti il sapore non mi sta convincendo.

Anche se la produzione è veramente eccellente e si direbbe che in casa My Inner Burning tutti stiano facendo al meglio il proprio lavoro, qualcosa mi lascia addosso la sgradevole sensazione di ascoltare esercizi dell’ultimo anno della scuola di musica. Bravi sì, ma manca un po’ di passione. “When I’m Gone” è un po’ un colpo di grazia in questo senso, ma mi rifiuto di arrendermi e caparbiamente proseguo nell’ascolto; in fin dei conti sono sì e no a metà del disco. “Demons” e “Enemy Of Mine” paiono potermi infondere nuove speranze, forse perché come un solo altro pezzo fin qui riescono a sposare davvero molto bene pop e metal, tanto nei suoni quanto nella struttura. Ma da soli non bastano a fare la differenza e non migliora le cose neppure la più gothicheggiante “New Breed”, che invece banalizza un po’ il discorso intrapreso. Bella invece “Home-Sick”, semplice, romantica e vagamente tragica. E stavolta siamo davvero alla fine.

Sette graffi che di fatto non possono fare molto più che segnare in modo superficiale e passeggero un pomeriggio uggioso o magari una sera di pioggia. I My Inner Burning puntano sul risultare gradevoli e mai disarmonici pur rimanendo nell’ambito di un metal pesante. I propositi sono ancora ottimi ma, concluso l’ascolto, ci appare evidente che si tratti di un colpo a salve. Aspettiamo con ansia il terzo capitolo…



01. Masquerade

02. Analize

03. Electrified

04. For The Last Time

05. When I'm Gone

06. Demons

07. Done With Denial

08. Gone Wrong

09. Enemy of Mine

10. New Breed

11. Home-Sick

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