Flotsam and Jetsam
The Cold

2011, Driven Music Group
Thrash

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 02/04/11

Cinque anni di attesa per il nuovo platter dei Flotsam and Jetsam. Cinque anni magari ben spesi, sia per i fan, che intanto si sono tenuti occupati con le uscite delle altre vecchie glorie del genere, che per i membri della band che, con un po’ di fortuna, hanno trascorso questo tempo a sperimentare, ricercare e dare la caccia alle migliori tracce possibili. Questa è a grandi linee la maniera di vedere le cose di coloro che appartengono alla schiera degli ottimisti, pronti a pensare positivo e sperare sempre nel meglio. Ci sono poi gli inguaribili pessimisti che non avranno potuto fare a meno di pensare che tutti questi anni di silenzio (opinabili dato che i live del combo non sono mancati), non potessero che essere segno di una letale mancanza di ispirazione e desiderio nel proseguire con l’avventura Flotsam and Jetsam. Ebbene “The Cold”, ultima fatica dei cinque dell’Arizona, ha finalmente visto la luce. Dieci tracce che sembrano destinate a dividere il pubblico una volta di più.

Nei quasi vent’anni di storia della band, le trasformazioni in termini musicali, senza contare quelle in seno alla formazione, si sono sprecate. Di pochi mesi fa è la notizia dell’abbandono di Mark Simpson e il ritorno alle sei corde dello storico chitarrista Michael Gilbert; quali saranno le conseguenze in fatto di composizioni lo potremo scoprire solo tra un bel pezzo e, dati i precedenti, rischia di essere davvero un bel po’ di tempo. Nel frattempo potremo goderci il ritorno di buona parte della formazione originale nei tour a venire e soprattutto i solchi dell’ultimo Lp di casa F&J. Fina dalle prime note è evidente che l’eterno processo di trasformazione nella musica dei Nostri non è ancora finito, ma anzi sembra godere di ottima salute. L’opener “Hypocrite” ci immerge in sensazioni fredde e pervase di solitudine con un’introduzione di piano e voce effettata. C’è già un buon carico di rabbia interiore in quelle poche liriche, ma il brano deve ancora mostrare i muscoli, tramutandosi rapidamente in un anthem di un certo effetto che mescola stacchi da tradizionale thrash metal a riff di chitarra da nu-metal alla Disturbed. Il pezzo non è eccessivamente brutale e riesce anche a mantenere una certa orecchiabilità salvo che nella sfuriata finale.

In fatto di potenza fa un po’ meglio la seconda “Take”, che ha in sè anche un pregevolissimo elemento da power estremo dell’ultima scuola d’oltre oceano. Aggiungete brevissimi intermezzi di tastiera e vi sarete fatti un’idea della direzione che il disco potrebbe prendere. L’ispirazione è evidente che non è mancata neppure questa volta. La tittle-track sembra voler mettere definitivamente in chiaro il concetto. Siamo assolutamente lontani dai binari del genere d’origine della band, si può facilmente trovare qualcosa di ciò che serpeggiava già nel precedente “Dreams of Death”, ma non c’è dubbio che c’è stato un altro passo avanti. Il brano “The Cold” ha un che di struggente ma ancora più colpisce una vaga vena folk che va a mescolarsi con un song-writing assolutamente inascrivibile. Insomma i F&J sono giunti ormai ad un punto del loro percorso artistico che li ha fatti approdare ad un genere tutto loro. Ancora molto buona e non priva di interesse “Black Cloud”, anche se forse meno originale delle precedenti, è comunque dotata di una bella carica e velocità che da sempre un buon feeling. Molto meno convincenti sono “Blackened Eyes Staring” e “Better Off Dead”, quest’ultima una ballad che funziona molto su carta. molto meno su disco. Procedendo verso la conclusione dell’opera le atmosfere da dark fairy tales, cosi ben rappresentate dall’artwok di Travis Smith già al servizio di Opeth e Nevermore, vanno un po’ perdendosi ma lo stesso fortunatamente non si può dire dello spessore del sound.

"The Cold" susciterà più di una perplessità in chi continua a sperare in un’inversione di rotta e un ritorno alle sonorità che furono, ma farà al contempo la felicità di chi ama davvero la band e gode nel seguirne i continui mutamenti e le invenzioni. Quel che più conta però è che si tratta di un disco che è un piacere ascoltare per chiunque ami la musica estrema ben suonata e ben concepita.



01. Hypocrite
02. Take
03. The Cold
04. Black Cloud
05. Blackened Eyes Staring
06. Better Off Dead
07. Falling Short
08. Always
09. K.Y.A.
10. Secret Life

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