I titolari di questa formazione a due hanno già avuto modo di presentarsi ai lettori di SpazioRock; per chi non si ricordasse di loro ecco un piccolo promemoria. Era il 2009 l'anno in cui “Klord”, l'album d'esordio dell'omonimo progetto, vedeva la luce, consegnandoci quello che all'epoca non esitammo a definire un “amalgama di sofisticato electro-rock e psicotiche tentazioni wave”. Nel 2010 l'attività della band si interrompe (stando a quanto ci viene comunicato tramite la press note in nostro possesso) e i Nostri sentono la necessità di tradurre la propria ispirazione artistica in un nuovo progetto, dando così vita ai Delenda Noia.
Nelle dieci composizioni che costituiscono l'ossatura di “Delenda Noia”, Klord e Violara tracciano un continuum tra la nuova incarnazione musicale e il loro passato discografico attraverso un massiccio recupero di sonorità post-punk e new wave tipicamente anni '80, spogliandole tuttavia di quella componente alternative rock che aveva caratterizzato il vecchio progetto. Il frutto di questa operazione di rifinitura è un sound elegante che innesta su vellutati e agrodolci synth un basso alienato, una secca drum machine e il cantato paranoico e senza compromessi di Klord, talvolta doppiato dalle algide backing vocals della bella Violara. Le canzoni funzionano tutte in egual modo, vuoi anche per quei testi taglienti (rigorosamente in italiano) che sembrano criticare la società contemporanea tramite il gioco del detto-non detto, anche se il vero e proprio punto di forza dell'album sono le atmosfere in bilico tra estetismo e psicosi, perfettamente tradotte dalle varie “Revolutionèz”, “La Canzone Dell'addio” e “Castità”, brani che offrono ritornelli in grado di stamparsi in testa sin dal primissimo ascolto. Come filastrocche post-decadenti, i brani di “Delenda Noia” esercitano il loro fascino sull'ascoltatore, che rimane intrappolato in una realtà in bianco e nero macchiata di viola...
In uno scenario musicale che sta trasformando lo scenario musicale di quelli che furono i gloriosi anni '80 in un Dio da celebrare con volti impiastricciati di eye liner e dischi sempre più volutamente “dark” (il citazionismo, in alcuni casi, è talmente esplicito da sfiorare l'anacronismo – ma questa è un'altra storia), anche l'Italia comincia a far sentire la propria voce (in Inghilterra è il processo è già stato avviato da un bel po' di anni a questa parte, ma cerchiamo di accontentarci). Le vittime più o meno ignare di questo contagioso revival, d'ora in avanti, non potranno più ignorare la voce dei Delenda Noia.