Mi spiace essere molto sincera, anche un po' dura, ma dopo un primo ascolto, la sensazione a caldo è quasi inesistente. Possibile che non mi abbiano impressionato per niente? Dov'è la grinta, la carica e l'esplosività di questa band svizzera che era riuscita a raccogliere notevoli consensi?
Con un secondo e più attento ascolto, qualcosa dalla massa di note e melodie un po' statiche e prevedibili, emerge: l'opener "Light Up In The Dark" è decisamente accattivante, come la sensuale "She's So Hot". Si avverte una certa tendenza all'immediatezza, alla semplicità - che viene perfettamente esemplificata da una batteria statica e poco incisiva. La sottoscritta reputa che questa scelta voglia portare ad una certa orecchiabilità, ad un certa tendenza a solleticare il canale più mainstream: ascoltate con attenzione una "Lonely Rider", non sfigurerebbe per niente in radio o nei canali televisivi dedicati alla musica. Intendiamoci, non siamo di fronte ad un disco di brutta qualità: la sensazione è che i China potevano aspettare meno, potevano sfruttare e cavalcare l'onda buona prima. E' come se questo "Light Up In The Dark" partisse bene, con la carica giusta, per poi spegnersi e diventare un po' monotono. Mentre ci si avvia alla chiusura di questo full-length, rimangono comunque validi e più personali brani come "Stay" e "Trapped In The City". Insomma, qualche guizzo di energia e di potenza c'è e si sente.
Insomma, il gruppo svizzero sforna un lavoro non grandioso, a tratti lucido e brillante, talvolta un po' troppo statico e prevedibile. Onestamente, questo disco sa di occasione sprecata, più che di rinnovata voglia di fare musica. Vi sono contenuti episodi convincenti, grintosi; tuttavia vi sono momenti dove si perde di mordente in modo piuttosto clamoroso. Peccato, perché talvolta si può avvertire un groove perfetto tra batteria e basso, martellante e convincente, o qualche raffinato assolo di chitarra (proprio nella già citata "Trapped In The City"). Deludente.